Martedì, 22 Settembre 2020 07:58

Siani il giornalista che sognava un contratto da praticante. Ucciso a soli 26 anni dalla Camorra.

Scritto da Angela Curatolo
l'auto in cui fu assassinato l'auto in cui fu assassinato foto Wikipedia Sailko e Silviasca opera propria

Quando scrisse, in un articolo, che l'arresto del boss oplontino dell'epoca era avvenuto per una soffiata degli alleati, in cambio di una tregua con i nemici casalesi, Giancarlo Siani firmò anche la sua condanna a morte.

Un giornalista ucciso a soli 26 anni, era nato a Napoli, e lì avvenne l'esecuzione, il 23 settembre 1985, ad opera della Camorra. Fu ordinata dal clan Nuvoletta, per volontà di Totò Riina, capo di Cosa Nostra, a cui il clan di Marano era affiliato. Il motivo dell'assassinio risiede proprio in quella vicenda scritta nell'articolo del 10 giugno 1985.

Una vita intensa, impegnata prima nei movimenti studenteschi del 1977, poi a Sociologia all'Università degli Studi di Napoli Federico II, in alcuni periodici napoletani parlando dell'emarginazione, vivaio principale di manovalanza della criminalità organizzata.

In quel periodo fondò assieme ad altri giovani giornalisti, tra i quali Gildo De Stefano e Antonio Franchini, il Movimento Democratico per il Diritto all'Informazione (M.D.D.I.), di cui fu portavoce nei diversi convegni nazionali sulla libertà di stampa. Scrisse i suoi primi articoli per il mensile Il lavoro nel Sud, testata dell'organizzazione sindacale Cisl, e poi iniziò la sua collaborazione presso la redazione di Castellammare di Stabia come corrispondente da Torre Annunziata per il quotidiano Il Mattino di Napoli. Fu anche attivista del Partito Radicale durante la segreteria di Giuseppe Rippa.

Iniziò anche a collaborare con l'Osservatorio sulla Camorra, periodico diretto dal sociologo Amato Lamberti. Al quotidiano Il Mattino faceva riferimento alla redazione distaccata di Castellammare di Stabia. Ambiva a strappare il contratto da praticante giornalista per poi poter sostenere l'esame e diventare giornalista professionista.

All'indomani del terremoto in Irpinia, seguì le vicende tra esponenti politici oplontini. Siani con un suo famoso articolo accusò il clan Nuvoletta di voler spodestare e consegnare alla polizia il boss Valentino Gionta, divenuto scomodo, per porre fine alla guerra tra famiglie. Le rivelazioni pubblicate il 10 giugno 1985, indussero la camorra a deciderne l'esecuzione.

Il boss di Torre Annunziata fu arrestato. La pubblicazione dell'articolo, con quelle rivelazioni, danneggiava l'immagine dei boss che a ferragosto del 1985 condannarono il giovane giornalista.

Il 23 settembre 1985, appena giunto sotto casa con la propria Citroën Méhari con capote in tela, Giancarlo Siani venne ucciso nell'auto. Colpito 10 volte alla testa da due pistole Beretta 7.65mm, alle 20.50 circa, nel quartiere napoletano dell'Arenella.

Il 15 aprile del 1997 la seconda sezione della Corte d'Assise di Napoli condannò all'ergastolo i mandanti dell'omicidio i fratelli Lorenzo e Angelo Nuvoletta, e suoi esecutori materiali. Il boss Valentino Gionta condannato in un primo momento, nel giudizio definitivo della Cassazione venne scagionato per non aver commesso il fatto.