Martedì, 13 Maggio 2025 17:57

David 2025: 70 anni di cinema italiano, 70 minuti di sonnambulismo televisivo

Scritto da Carlo di Stanislao

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Geppi istituzionale, Mika in gita, Elena Sofia Ricci in modalità sermone. Premi dati per simpatia, sopravvivenza o pura diplomazia. Il cinema si autocelebra e applaude se stesso con entusiasmo da open day.

“Il mondo è un palcoscenico, ma la commedia è spesso recitata senza copione.”
— Oscar Wilde, che avrebbe cambiato canale al secondo monologo

La 70ª edizione dei David di Donatello doveva essere l’evento celebrativo di un secolo breve, ma si è trasformata nella solita messa cantata in prima serata su Rai 1. L’industria si autoassolve, si premia, si loda. Il pubblico da casa cerca il telecomando. E lo trova.
Tre conduttori. Geppi Cucciari, ormai più solida della Costituzione, ha smesso di fare ironia per diventare il volto del consenso: rassicurante, sobria, chirurgicamente innocua. È come il brodo vegetale: non dà fastidio, ma nemmeno sapore.
Mika, in completo glitterato e accento fluttuante, sembrava catapultato da un’altra serata, forse quella sbagliata. Colorato, sorridente, perfetto... per un talent show. Ogni volta che ha detto "cinema italiano" si percepiva lo sforzo del fonico nel trattenere un sospiro.
Elena Sofia Ricci, infine, ha portato la solennità del teatro d’essai. Ogni frase sembrava estratta da un’enciclica, ogni sorriso dosato con la compostezza di chi ha appena letto un brano di Dostoevskij. A un certo punto sembrava quasi fosse lì per dare l’estrema unzione a un’idea.
Ma il vero show, come sempre, è arrivato con i premi già assegnati, quelli che non hanno bisogno di giuria perché si consegnano per statuto, per stanchezza o per PR.
Pupi Avati: David alla carriera. Ovvero: grazie di tutto, ma adesso basta

Premio inevitabile, come il rinnovo del bollo. Pupi Avati ha fatto la storia del cinema italiano, vero. Ma è da almeno vent’anni che viene ricordato più per il passato che per il presente. Il suo discorso è stato una carezza alla nostalgia: racconti di set, vecchie glorie, cinema con la C maiuscola e il budget minuscolo. Emozionante? Sì. Ma più che un riconoscimento, sembrava una benedizione finale. Una standing ovation così lunga che sembrava dovessero dedicargli un cavalcavia.
A un certo punto, il povero Avati ha quasi rischiato di rimanere sopraffatto dal suo stesso entusiasmo. Il pubblico, in un atto di grande generosità, ha continuato a battere le mani per ore, probabilmente per paura che si sentisse solo. Eppure, questa è la bellezza dei David di Donatello: un premio che può essere ascritto anche al merito di essere stato testimone della gloria, non di viverla.
Ornella Muti: David Speciale perché è Ornella Muti. Fine motivazione

Un premio che non richiede spiegazioni: sei famosa, sei bellissima, sei stata una diva, eccoti il premio. Nessuno ha capito se fosse per un film specifico, una performance, o solo per la sua anagrafica cinematografica. Lei avrebbe dovuto essere presente, ma purtroppo si è dovuta ritirare per un malore. La versione ufficiale, certo. Ma i malpensanti non hanno potuto fare a meno di ipotizzare che il suo malore fosse in realtà una risposta più che giustificata a un'industria che l’ha trattata come uno “scarto” del cinema italiano. Premiata per la sua storicità, ma con la stessa eleganza con cui si premia un fiore reciso. Ma è anche vero che basta esserci stati: il passato, purtroppo, non passa mai.
Sì, Ornella Muti è quella che rappresenta l'idea di un cinema italiano che non c'è più, ma che continuiamo a idolatrare. C'è sempre quel tocco di melancholia che accompagna il suo volto e che fa dire "era meglio prima". Ma, diciamolo, non è che le sia mai mancato un omaggio in questi anni. Ha continuato ad accumulare trofei come se fossero souvenir di una carriera senza necessità di nuovi lavori. E, infatti, questa celebrazione è stata proprio una pietra tombale su un’epoca che forse non ritornerà mai più.
Milena Vokic: David dello spettatore. Ma spettatore chi, dove, quando?

Premiata per il film più visto dal pubblico. Ma quale pubblico? In quale sala? In quale galassia? Nessuno l’aveva sentita nominare fino a quel momento, ma l’annuncio è stato fatto con la stessa enfasi di un premio Oscar. Milena Vokic, attrice bella e generica quanto basta, ha ringraziato in perfetto italiano da B1 e poi ha fatto un discorso pieno di parole tipo "sogno", "cuore", "magia". Il pubblico ha applaudito perché sembrava brutto non farlo, ma in molti hanno chiesto su Google se il suo film fosse uscito davvero.
A proposito di Milena Vokic: ci si chiede se il premio “più visto dal pubblico” sia stato pensato per dare un riconoscimento davvero meritocratico o semplicemente per dare un po' di respiro alla categoria degli "attori di passaggio". Forse il vero vincitore di quel premio è stato il marketing, che ci ha dato un’attrice su cui nessuno aveva mai scommesso. Eppure, anche lei ha fatto il suo dovere: essere un volto fresco nel panorama cinematografico italiano... e basta.
Sergio Mattarella: David alla cultura cinematografica. Premio alla pazienza

Arriviamo all'elefante nella stanza: Sergio Mattarella. Il Presidente della Repubblica si è visto assegnare un premio alla cultura cinematografica. Una scelta, diciamocelo, quasi inevitabile. Certo, sarebbe stato brutto non farlo, in fondo. Mattarella ha ricevuto il premio e l’ha ritirato personalmente, il che lo rende, per una volta, parte attiva di una celebrazione che raramente lo coinvolge così da vicino. A quando l'Oscar per la pazienza? Quello sì che sarebbe stato meritato.
Si è parlato molto di questo premio, con un certo fervore da parte di tutti coloro che non sanno se applaudire o fare la riverenza. Piera De Tassis, la presidente di Ciak, a quel punto si è un po' lanciata in un’analisi quasi sovrana, tipo "critica di razza" cinematografica, ma sotto sotto non poteva far altro che conformarsi alla decisione istituzionale. Sarebbe davvero interessante sapere cosa pensa di tutto ciò la cinefilia più raffinata, quella che non si accontenta di premiare l’essere presidente come se fosse un ruolo puramente ornamentale. Ma è chiaro: Mattarella ha fatto il suo dovere. Ha preso il premio, ha sorriso, ha ringraziato. E il pubblico ha pensato: "Beh, è il Presidente, va bene così".
Il Ministro Giovanni Giuli: Parolaio senza confini

A questo punto, il clima di festa e spontaneità della serata ha raggiunto il culmine durante l’intervento del Ministro Giovanni Giuli, che ha preso il microfono con la stessa grazia con cui una tartaruga prova a scalare una montagna. Il suo discorso, che doveva essere un tributo al cinema italiano, è stato un flusso di parole senza senso, un’accozzaglia di frasi fatte che nemmeno i più brillanti speechwriter avrebbero osato scrivere. La scena sembrava una sottile parodia di se stessa, con il Ministro che invocava il "futuro della cultura cinematografica", ma dimenticando di dire cosa avrebbe fatto di concreto per sostenerla. Un po’ come un predicatore che parla di misericordia mentre tiene il piede sul collo dell’ascoltatore.
Ogni parola sembrava pesante come una colata di cemento, eppure il pubblico, educato, ha continuato a sorridere con quella pazienza da spettatori della realtà. "Un’opportunità unica", ha ripetuto per la centesima volta, mentre nessuno aveva ancora capito in che fosse consistita questa straordinaria opportunità. Forse era quella di ascoltare il miglior discorso mai fatto, che però sembrava volare dritto nel vuoto, senza destinazione. Un classico esempio di politica da palcoscenico, dove il contenuto si perde nel fumo delle buone intenzioni.
In conclusione: 70 anni di David, 0 minuti di rischio

Il cinema italiano continua a guardarsi allo specchio e dire: “sei bellissimo”. Conduce senza far ridere, premia senza sorprendere, si applaude da solo con la convinzione di chi non esce più di casa ma vuole sentirsi giovane. Lo show non è stato brutto: è stato inutile. Come un cocktail analcolico: ha colore, ha forma, ma non lascia il segno.