Venerdì, 26 Marzo 2021 16:35

Spegni la luce, separati in casa - quinta parte.

Scritto da Silvio Madonna

Prosegue il racconto inedito di Silvio Madonna. Una storia d'amore disinibita e appassionante.

Spegni la luce. La prima parte del romanzo inedito di Silvio Madonna - Zaffiro Magazine Giornale Online

Sempre così

 

Fu un assaggio di vita insieme condito da intervalli utili a carburare meglio, a riflettere su quanto accaduto e a prepararsi su quello che ancora doveva succedere.

Due coppie all’opposto: Andrea e Giorgia come fidanzati, Gino e Chiara come single.

Tra quest’ultimi non nacque neanche una principio di storia: i primi se lo aspettavano e farli dormire da soli, anche se su dei divani ma in un’unica stanza, era per loro come mettere della benzina sul fuoco.

Ogni mattina Giorgia entrava nella cameretta vuota e controllava lo stato del letto, la sua integrità: era ovvio per lei che se i due avessero fatto del sesso solo lì sarebbe potuto accadere!

Gino e Chiara a questo modo di fare plateale non diedero alcun peso: si piacevano, avevano quasi la stessa età, parecchi lati in comune, e anche un forte desiderio di non stare più da soli.

Andrea e Giorgia li colsero a studiarsi, a parlarsi, quasi che cercassero anche loro il momento giusto per far scoccare quella scintilla: ma nulla di più!

Al venerdì, ovvero al cambio di postazione, l’affiatamento era all’apice: ma si doveva rientrare e lasciare quel sospeso al lunedì successivo, così vicino ma anche lontano per mantenere quel feeling così speciale raggiunto.

Le prime due settimane volarono con quella rapidità che non vorrebbe mai percepire chi è consapevole di toccare il cielo con un dito: la terza debuttò con una violenta burrasca!

Giorgia è gelosa

 

In quel mese di luglio tra Giorgia e Andrea era iniziata una convivenza di fatto, anche se intervallata dai fine settimana in città, nelle rispettive case, a Roma.

E vedersi con quell’intensità se da una parte consentiva di potersi più a fondo conoscere dall’altra offriva anche la possibilità di scoprire quanto dell’altro, o dell’altra, di meno nobile c’era.

Non ci volle molto per Andrea realizzare quanto Giorgia fosse gelosa: sentimento che lasciato affiorare sorprese anche lei.

Le bastò incrociare sulla battigia una ragazza un po’ provocante e vedere, con la coda dell’occhio, che non era passata inosservata al suo giovane compagno.

Lo aveva già notato come a volte Andrea fissasse alcune donne in maniera poco trasparente, maliziosa: un giorno non resse più e con rabbia glielo spiattellò in una scenata furiosa che lo colse impreparato e mise all’angolo Gino e Chiara.

Era lunedì, erano appena arrivati, e già dall’inizio l’aria si faceva maligna.

Non volle sentire ragione: quel fastidio era chiaro che lo avesse in se stessa già da tempo, riuscendo a controllarlo ma non a soffocarlo.

Se ne dissero di tutti i colori perché anche Andrea, superato lo shock iniziale, reagì senza esclusioni di colpi verbali in quella che, da quando stavano insieme, era la prima e vera burrasca.

Quella sera, agitatissima, non volle saperne di dormire con lui, e per dare forza maggiore al suo malessere saltò anche la cena.

Andò in cameretta, quella lasciata scaramanticamente a disposizione per i momenti di reale emergenza, e non concesse udienza a nessuno!

Dormì poco quella notte, e così Andrea: confuso, irritato, incapace di trovare uno spunto che potesse riaccendere quel feeling che credeva assoluto.

Separati in casa

 

Non fu una tempesta tropicale, violenta e rapida nel suo evolversi, ma una perturbazione mediterranea complessa e di lenta risoluzione.

Di tornare a Roma neanche a parlarne: quel fidanzamento in casa se fosse stato interrotto così bruscamente avrebbe creato ancora più problemi di quanti già al momento ce ne fossero.

Fu Chiara a dare la scossa per aggirare lo stallo quando finalmente Giorgia, per fame, si decise a mostrarsi: studiava psicologia e la vedeva pentita di quel gran casino.

Le seccava orgogliosa qual era dover riconoscere i propri eccessi, ma era certa che un aiuto non lo avrebbe disdegnato.

E offrendoglielo avrebbe dato una spinta anche ad Andrea, somigliante sempre di più come una goccia d’acqua al suo Sam dopo una salutare lavata di testa.

A pranzo si lamentò di dover dormire sul divano e che anche se il senso di ospitalità le aveva suggerito inizialmente quella scelta la si poteva sempre cambiare: da quella sera stessa, sottolineando che ne aveva parlato anche con Gino trovandolo totalmente concorde, avrebbe riposato nella camera grande con Giorgia consegnando i divani ai due maschietti di casa.

La cameretta, come sempre, sarebbe rimasta a disposizione qualora qualcuno, o qualcuna, avesse sentito il bisogno di una maggiore intimità.

Il suo tono fermo non accese polemiche: quello spariglio di posti fu colto come un primo passo necessario per un rientro rapido alla normalità!

Gino avrebbe parlato di sua sorella con Andrea, Chiara di suo fratello con Giorgia.

Era stato commesso un grossolano errore nel consentire, come fosse una regola solida, ai due fidanzatini di coricarsi insieme, quasi che fossero una coppia collaudata, navigata, adulta.

Dimenticando scioccamente che avevano solo sedici anni e nessuna esperienza in tal senso.

Terapia del verbo

Dalle loro innovative postazioni parlottarono tutta la notte: a bassa voce, più che per non darsi fastidio per evitare di poter essere ascoltati.

E non sazi continuarono il giorno successivo, un caldo giovedì di un luglio avanzato trascorso a fare cose diverse.

Giorgia e Chiara in spiaggia a prendere il sole, a fare bagni e a liberarsi di tutto quello che sentivano di dover togliere dalla loro mente sull’impossibile mondo degli uomini.

Gino e Andrea nello chalet alternando partite a carte con compagni improvvisati a qualche birra rinfrescante al bar, per confrontarsi da maschi sull’altra metà del cielo senza tralasciare qualche eccitante incursione nel calcio e tra i motori.

Ripresero casa al tramonto interrogandosi nel silenzio se quella giornata avesse fatto più bene che male: la notte precedente, anche per quello scambio di posti, non avevano chiuso occhio e così, dopo un pasto frugale, andarono frettolosamente a coricarsi.

L’importante era in quella tregua non dichiarata arrivare senza danni aggiuntivi al mai tanto atteso domani, quello del rientro in città: poi le cose a Roma, senza la pressione di quel vicendevole sentirsi osservati, si sarebbero sicuramente aggiustate.

Giorgia, tra contorti sbadigli, ammise finalmente che quanto accaduto poteva essere evitato, che se non si fosse lasciata prendere da quella rabbia istintiva e distruttiva ora non si sarebbe sentita così male, pestata, arrabbiata con se stessa.

Chiara sorrise: era quello che s’aspettava di ascoltare.

Occhiate morbose

 

Con il fiato strozzato in gola continuò impietrita a scrutarli in quel baciarsi così naturale e a coglierli nudi: assorti nel nulla, persi nei loro corpi e nei loro pensieri.

Li bollò come pazzi: quel mostrarsi così, infischiandosene di farsi scoprire, non era normale.

Aveva sempre considerato l’omosessualità come una forma non patologica: eppure vedere Andrea provare piacere tra le braccia di Gino, il fratello della sua ragazza, non riusciva ad accettarlo. Avrebbe voluto urlare rabbiosa, entrare di scatto, passare alle mani, ma qualcosa la costringeva a pensare in un modo e a comportarsi in un altro.

Si sentiva inspiegabilmente attratta al punto da non poter fare a meno di provare un morso d’invidia per quei due che si stavano amando nella massima libertà mentale e fisica.

Restò lì in ginocchio con la mente in corto circuito e lo sguardo fisso su quei due corpi a coglierne i più intimi particolari.

Vide Gino accarezzare il sesso eccitato del suo amante con dolcezza portandolo a gemere forte di piacere, e poi Andrea indugiare con le labbra tra le cosce di Gino facendolo scuotere di sussulti irrefrenabili.

Quel ribrezzo iniziale, quella voglia di ribellione violenta a quanto stava avvenendo, avevano prodotto in lei un forte stato d’eccitazione.

I due ragazzi, sazi di quei tortuosi minuti, erano tornati nella posizione iniziale.

Il vederli alzare, dopo un ultimo bacio smorzato, e prepararsi ad uscire dalla stanza fu un tutt’uno con il rientrare nel suo letto svelta e silenziosa come una gatta.

Confusa, suonata come un pugile dopo una scarica di pugni alla testa, adocchiò Giorgia dormire serena e concentrò i suoi scampoli di razionalità su quanto ancora stentava a credere di aver potuto vedere: ciò che maggiormente la tormentava era il fatto inspiegabile che si fosse involontariamente eccitata!

Aveva avuto un orgasmo, si era anche toccata.

Si martellò le meningi sino al risveglio di Giorgia senza riuscire a darsi uno straccio di risposta che potesse calmarla.

Per fortuna era venerdì e nel pomeriggio sarebbero ripartiti per Roma.

Ma fare finta di niente, poter guardare negli occhi i due ragazzi, le sembrò impossibile: finse una ficcante emicrania per restare al buio di quella stanza sino alla partenza evitando così d’incrociare per sbaglio persino i suoi allo specchio!

Soddisfatta provò a prendere sonno: aveva gli occhi pesanti per quella spossatezza che a volte, paradossalmente, t’impedisce di lasciarti andare.

Alle due, scalza per non fare rumore, attraversò il soggiorno per infilarsi in cucina e prepararsi una tisana: una luce fioca che dalla porta socchiusa della cameretta filtrava attirò la sua attenzione.

Immaginò che l’avesse occupata suo fratello per stare più comodo: fissò un divano, nel buio quasi assoluto, e gli sembrò vuoto, e così l’altro…

Si avvicinò alla stanza con un passo rallentato, incavò i suoi occhi nella fessura tra la porta e lo stipite, e li colse uno di fronte all’altro, a cavalcioni sul materasso, a baciarsi!

Avvertì le forze mancarle e scivolò sulle ginocchia senza distogliere lo sguardo da quel varco.

Chiara è confusa

 

La mattina di sabato, quando sul presto si alzò - i suoi genitori era già partiti nella tarda serata precedente per Villa Rosa - lasciò che Andrea continuasse a dormire e chiamò Giorgia per chiederle, visto che lei tanto in passato aveva insistito, di andare insieme al maneggio ad ammirare quella cavalla, Anita, che a sentir lei mancava solo della parola per quanto capisse: e poi, tra una parola ed un’altra, magari improvvisare qualcosa.

Giorgia fu entusiasta di quella richiesta: tra i cavalli e i loro cavalieri sfilarono ore piacevoli quanto inutili, che non consentirono ad entrambe di trovare uno spiraglio per entrare, ciascuna dal proprio angolo, su quanto stava accadendo.

Si confermarono solo che il lunedì, per la quarta ed ultima volta in quel mese, sarebbero tornate al mare: oltre non seppero andare!

Rientrata trovò suo fratello giù di morale: lui diede la colpa di quel malessere alla rottura di quel feeling che credeva insanabile.

Evitò di contraddirlo certa, in se stessa, che dopo quello che aveva visto ben altri fossero i pensieri che lo stavano torturando.

Cercò di rinfrancarlo: quella parentesi negativa sarebbe rientrata, e motteggiando aggiunse accademica che nella vita se non ci si scontra non ci s’incontra.

Avvertì che con la testa proprio non ci stava e smise di tormentarlo ulteriormente con frasi cariche di un’insulsa retorica.

Il caso volle

 

Domenica sul presto Chiara fu svegliata dalla telefonata di sua madre che l’avvertiva che sarebbero rientrati in città, in quanto suo padre era stato chiamato con urgenza in ospedale per sostituire un collega che aveva avuto un brutto incidente stradale nella notte.

Era fine luglio, il personale già contato per via delle ferie e ci mancava solo quell’assenza imprevista per mettere in crisi tutto il reparto.

Chiara intravide in quell’imprevisto un segnale: ne avrebbe parlato riservatamente con lui, magari trovando una scusa nel farsi offrire un passaggio in auto nel pomeriggio, quando avrebbe dovuto prendere servizio.

Fu suo padre, che la conosceva più di quanto lei potesse immaginare, dopo qualche minuto trascorso a vagare in un niente da lei disordinatamente blaterato a domandarle di accompagnarlo in reparto e di dirgli poi lì, con calma, quanto le stava a cuore: stupita da come fosse riuscito a cogliere il disagio che stava vivendo annuì con il capo.

In auto si adattò le cuffie, accese il lettore e si raccolse in se stessa per radunare le parole giuste per quando avrebbe dovuto esprimerle.

Girò e rigirò il senso del suo discorso senza trovarne lo spiraglio giusto: ipotizzò persino che sarebbe stato meglio tacere piuttosto che aprirsi nel modo sbagliato, ma suo padre, entrando nel suo studio e chiudendo la porta alle sue spalle, senza lasciarle il tempo di agguantare una scusa le chiese di getto cosa fosse accaduto ad Andrea.

Arrossì rabbiosa: si sentì anticipata, di nuovo violata nelle sue riflessioni, persino inutile se lui già aveva intuito qualcosa.

Lui frenò, le prese la mano sedendosi al suo fianco, e le fece cenno con il dito passato sulle labbra di tacere, solo di ascoltarlo.

Di accettare quel suo sfogo paterno…

Disse il dottore

 

Ripose ogni attenzione in quello che suo padre cominciò a raccontarle.

Di quanto, sin da piccoli, non fosse stato sempre loro vicino e di come avrebbe voluto fare di più non sempre riuscendoci.

Ammissioni scontate anche se vere, degli ingiusti sensi di colpa che, lo aveva studiato, rimbalzano dai padri ai figli e da questi verso i primi.

Rimorsi interiorizzati contro cui nulla poter fare, che nuotano impazziti in quell’amore che lievita tra genitori e figli, e che fa percepire ad entrambi di essere in debito con quanto di troppo si è avuto.

Il dottore capì che stava divagando: sterzò secco chiedendole cosa pensasse di Giorgia, di quella ragazza che sembrava essere innamorata, e ricambiata, da Andrea, rimarcando quanto quella novità avesse fatto felice sia lui che sua moglie al punto da spingerli a voler rendere ancora più solido quel rapporto con il dono inatteso di quegli anelli di fidanzamento.

Chiara ci pensò un attimo, di colpo capì di aver capito e, anche lei senza girarci più attorno, gli domandò se allora lui già sapesse, ma non disse cosa, di suo figlio: lui la guardò, prese fiato, e con un silenzio eloquente confermò.

Chiara si ritrovò ancora più stordita di quanto da tre giorni già non si sentisse.

Il padre iniziò confessandole che Andrea, intorno ai dieci anni, aveva cominciato ad isolarsi dai suoi coetanei manifestando un approccio d’insofferenza ai primi stimoli sessuali tipici dell’esordio dell’adolescenza.

Per questo gli avevano permesso di avere un cane che potesse anche con la sua presenza aiutarlo in quel processo di crescita che non appariva lineare.

Chiara si sentì insignificante: era cresciuta in famiglia vivendola con intensità, studiava da psicologa e non si era mai resa conto di nulla.

Poi la guardò negli occhi e le chiese se al mare ci fosse stato del sesso tra lui e Gino!

Scoppiò a piangere senza controllo!

Ce ne mise per riprendere la padronanza di se: quando ci riuscì, appellandosi a quello scampolo di lucidità che sentiva ancora di avere, raccontò per filo e per segno quanto era successo, e non come se stesse parlando del fratello, ma di un estraneo, entrando nei particolari, forse utili più della generalità della storia per arrivare a poter fare qualcosa.

Suo padre l’ascoltò con pazienza e senza atteggiamenti critici che la potessero condizionare in quella faticosa disamina liberatoria.

Seduta in ipnosi

 

Come genitori avevano percepito che qualcosa in lui non andasse: c’era un oscuro ostacolo che disturbava la sua crescita, il suo sviluppo, il suo naturale snodarsi da ragazzo ad uomo.

Anche quell’atteggiarsi a bullo, per poi contraddirsi con quel fare da bravo studente che andava persino a lavorare per non pesare sulla famiglia, avvalorava quell’intuizione.

Aveva un collega psichiatra a cui era molto legato capace di operare in ipnosi senza dare modo al paziente di accorgersene: si confidò con lui senza reticenze e visto che ormai il ragazzo aveva quattordici anni accettò il consiglio di provare con la sua tecnica a scoprire la causa del suo malessere.

Quel suo amico, a conclusione di un pranzo in casa loro, riuscì in pochi istanti ad ipnotizzarlo: in trenta minuti Andrea raccontò fatti che mai si sarebbero aspettati d’ascoltare.

Di quelle violenze, anche se lui nel suo sonno artificiale le definì generosamente attenzioni, che le amiche di sua sorella da mesi erano solite offrirgli, alle quali lui non riusciva a sottrarsi e che lentamente lo stavano portando a vedere la sessualità femminile come un qualcosa da cui allontanarsi, di cui provare ribrezzo!

Questo rigetto lo aveva spinto a guardare in quella maschile: visto quanto con le donne doveva subire sentiva il bisogno di provare cosa un uomo come lui potesse offrigli.

Cosa che accadde e in un’occasione anche a scuola, in un bagno, e se l’episodio non divenne di pubblico dominio lo si dovette al preside che si dimostrò particolarmente attento in quella vicenda.

Chiara non riusciva a credere alle sue orecchie: il solo ascoltare che le sue amiche, le sue più care amiche che spesso ospitava in casa sua, avessero potuto ripetutamente abusare di suo fratello, violentarlo, le stava procurando una fitta allo stomaco da farla quasi svenire.

Urlò a suo padre perché non glielo avesse mai detto, come avesse fatto a nasconderle una verità così inquietante!

La lasciò sfogare: quella scelta di tacere non fu casuale, o dettata da un’ipocrita vergogna.

Come genitori valutarono che in quel momento era meglio agire così, perché intervenire avrebbe significato coinvolgerla, quasi certamente non essere creduti, e quindi aggiungere un altro problema a quello iniziale.

E poi sei mesi dopo quella scoperta c’era stata la svolta, quel timido approccio di Andrea verso Giorgia divenuto in breve un grande amore.

Per questo quell’innamoramento fu salutato con tanta gioia: poteva essere la fine di tutto, persino la cancellazione emotiva di quanto subito, il suo non più ricordarlo.

 

 

E invece c’era ancora molto da fare…

Ma questa volta ci riusciremo… le promise abbracciandola con forza: con il suo aiuto, quello di Giorgia se veramente lo amava, e anche quello di Gino.

Occorreva che Andrea affrontasse quel suo passato accettandolo e ribaltandolo.

Perché l’omosessualità poteva anche starci, non era una malattia, ma non doveva essere un alibi, un modo affrettato per segnarsi la vita o per farsela, per manifesta debolezza, marcare da altri.

Nessuno sconto

 

Chiara riemerse irriconoscibile da quel pomeriggio: convinta di rivelare chissà quale segreto, attenta a non fare più male di quanto con le sue parole avrebbe potuto, si ritrovò ad incassare una realtà che non solo i suoi genitori già conoscevano ma che la coinvolgeva, anche se in maniera indiretta.

Si sentì svuotata nell’apprendere una verità così allucinante, vergognosa, indicibile.

Pensare alle sue compagne, quelle a cui lei si sarebbe affidata ciecamente in ogni occasione, che abusavano del suo giovane fratello per gioco, per vizio, per crudeltà, non le sembrava possibile.

Avrebbe voluto averle davanti e riempirle di botte, massacrarle, senza neanche concedere loro il tempo di azzardare una giustificazione o provare a negare che ciò fosse accaduto.

Si sentì pienamente responsabile: non aveva visto, non aveva capito!

Giurò che avrebbe fatto di tutto per aiutare Andrea, ma anche Giorgia, Gino e se stessa.

Quell’ultima settimana al mare sarebbe stata la più sofferta ma anche la più vera!