Lunedì, 14 Settembre 2020 09:46

Olocausto del Lago Maggiore. Processi e condanne. Dubbi su ordine dall'alto?

Scritto da Angela Curatolo
pietre pietre

Nel 2001 si polarizzano due tesi, qualunque sia la verità, i nazisti rastrellarono, torturarono e uccisero in modo atroce e disumano almeno 57 persone: la strage di ebrei del settembre 1943 iniziò giorno 11 settembre e terminò giorno 8 ottobre.

La prima avvenuta in Italia e la seconda per numero di vittime (almeno 57 accertate) dopo quella delle fosse Ardeatine; nove le località coinvolte, tutte della allora provincia di Novara (oggi suddivisa nelle province di Novara e del Verbano Cusio Ossola).

Nel settembre del 1943 nell'alto novarese c'erano un centinaio di ebrei appartenenti a tre diverse categorie: ebrei italiani residenti da tempo nelle diverse località, ebrei italiani sfollati da Milano e dalla Lombardia a seguito dei bombardamenti e alloggiati in affitto o in albergo, ebrei provenienti dall'estero (sia con cittadinanza italiana che con altro passaporto). Alloggiavano soprattutto negli alberghi. Il gruppo più consistente di questi ultimi proveniva da Salonicco dove, nella primavera, era iniziata la deportazione in massa della comunità ebraica, con l'eccezione degli ebrei italiani che, con l'aiuto del Consolato italiano, poterono spostarsi verso Atene, allora occupata dagli italiani.

Poco dopo l'Armistizio dell'otto settembre le forze tedesche occuparono la provincia di Novara. Sul lago la notte dell'11 settembre arriva il 1º battaglione della Panzer-Division Waffen SS – LSSAH (Leibstandarte Adolf Hitler – Guardia del Corpo Adolf Hitler) che precedentemente operava sul fronte dell'Europa orientale. Il comando venne installato all'Hotel Beaurivage di Baveno e i principali centri della costa piemontese del Lago e dell'Ossola vennero occupati. Resteranno circa un mese e successivamente si trasferiranno a Casale Monferrato. Le direttive, oltre all'occupazione del territorio, la requisizione delle armi e il controllo del confine, in particolare per impedire la fuga dei soldati italiani sbandati, parlarono anche della “messa in sicurezza degli ebrei”. Il rastrellamento degli ebrei iniziò a Baveno tra il 13 e il 14 settembre per proseguire nei giorni successivi. L'intera famiglia di Mario Luzzato, per anni direttore della sede di Londra della Pirelli, residente nella villa del Castagneto e quella di Emil Serman, ricco commerciante di origine austriaca, residente nella Villa Fedora furono prelevate. Vennero inoltre arrestati un anziano rabbino di origine lettone con sua moglie ed altre due donne. In totale 14 vittime prima portate all'Hotel Ripa e poi fatte sparire; probabilmente fucilate sulla riva e poi gettate nel lago. Di seguito le ville furono saccheggiate e nelle loro sale si tennero feste e banchetti..

Il giorno 15 proseguirono i rastrellamenti in altre località.

A Meina l'episodio più noto: sedici ebrei ospiti dell'Albergo Meina vennero prima identificati e trattenuti per alcuni giorni in una stanza e poi, in due notti successive (22 e 23 settembre), uccisi e gettati con zavorre nel lago, ad alcune centinaia di metri di distanza del paese. Alcuni corpi affiorarono dopo il primo giorno e vennero riconosciuti da abitanti del luogo. Si salvò il padrone dell'albergo, Alberto Behar e la sua famiglia, turco, per l'intervento diretto del Console della Turchia, paese allora neutrale.

Ad Orta vengono arrestati nella loro abitazione lo zio e il cugino di Primo Levi, Mario e Roberto, qui residenti da alcuni mesi con le loro mogli. A Mergozzo, sempre la mattina del 15, le SS irruppero nell'abitazione di Mario Abramo Covo e vi si installarono per tutta la giornata, furono portati via e solo dopo anni emersero testimonianze locali sulla loro uccisione in un campo non molto distante dal paese. Il 16 settembre fu il giorno del rastrellamento a Stresa e a Pian Nava, località collinare sopra Intra, vicino a Premeno, la mattina del 17 settembre. L’8 ottobre fu arrestato in Ossola il giovane Riccardo Ovazza che cercava contatti per espatriare in Svizzera. Condotto a Intra al locale comando SS, insediato nelle ex scuole elementari femminili, venne interrogato e torturato per ottenere informazioni sui familiari e ucciso la sera stessa. Il corpo fu poi bruciato nella caldaia della scuola. Il giorno successivo il padre, il noto banchiere Ettore Ovazza, con il resto della famiglia, fu fermato in un albergo di Gressoney e successivamente trasferito, con tutti i beni, a Intra. Nonostante il suo passato di fascista della prima ora e la sua attività di propaganda del fascismo all'interno della comunità ebraica, anche lui, insieme a moglie e figlia, fu ucciso negli scantinati della scuola. I corpi, fatti a pezzi, furono anch'essi poi bruciati nella caldaia.

Nei confronti dell'ex ufficiale delle SS Gottfried Meier, responsabile a Intra della strage della famiglia Ovazza si celebrò il processo a Torino nel 1955 con l'imputato, all'epoca direttore di una scuola elementare in Austria. Si concluse nel luglio del 1955 con la condanna all'ergastolo. Il governo austriaco non concederà l'estradizione.

La sentenza del 5 luglio 1968 condannò all'ergastolo i tre capitani Hans Krüger, Herbert Schnelle, Hans Roehwer e a tre anni, quali esecutori, i due sottufficiali Oskar Schultz e Ludwig Leithe. La Corte Suprema di Berlino, due anni dopo, in seguito al ricorso degli imputati, li prosciolse e ne ordinò la scarcerazione, dichiarando i reati prescritti, con sentenza definitiva dell'aprile 1970.

Una storia che nel 2001 apre, dopo il dibattito sulla strage, a due tesi: in linea con le valutazioni dei giudici di Osnabrück, quella che SS sul Lago Maggiore non avessero avuto l'ordine di uccidere e che pertanto l'iniziativa, anche per motivi di rapina, fosse dei comandanti locali. Mauro Begozzi, riprendendo quanto sostenuto da Marco Nozza nel suo Hotel Meina, ritiene invece che la durata e l'ampiezza della strage non possano esser considerate casuali ma rimandino ad ordini e responsabilità di tutti i comandi superiori.

Un particolare che non 'assolverebbe moralmente' nè il Nazismo, nè i comandanti, nè gli alti gerarchi.

Non cambierebbe nulla sulla macabra storia della violenza perpetrata.