Era il 21 ottobre 1971, a Marsala, in provincia di Trapani, quando scomparvero tre bambine: Virginia di nove anni, sua sorella Ninfa di sette e l'amica Antonella di undici anni.
Il corpo di Antonella venne ritrovato 5 giorni dopo, mentre i corpi delle sorelle vennero ritrovati il 20 giorni più tardi. Il colpevole passerà alla storia come Mostro di Marsala.
Le tre bambine escono di casa per accompagnare a scuola Liliana, sorella di Antonella, non faranno più ritorno.
Del caso si occuparono anche il generale dell'arma dei Carabinieri e prefetto di Palermo Carlo Alberto dalla Chiesa allora colonnello dei carabinieri - comandante della Legione Carabinieri Palermo, il maresciallo di pubblica sicurezza della Polizia di Stato Lenin Mancuso e il giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto.
Dalle prime testimonianze raccolte subito dopo la denuncia della scomparsa fatta dal nonno di Antonella, i cui genitori sono in Germania, risulta che le bambine sono state viste insieme a un uomo di giovane età nei pressi della scuola col quale si sarebbero poi allontanate a bordo di una Fiat 500 blu. Viene fatto accurato controllo del pubblico registro automobilistico di Trapani per cercare i nomi di tutti i proprietari di veicoli come quello segnalato.
La prima pista battuta è comunque quella del crimine a sfondo sessuale. Un benzinaio tedesco, dichiara ai carabinieri di aver visto due giorni prima una Fiat 500 blu con dei bambini dietro, che sbattevano le mani sul vetro come per chiedere aiuto. Un altro testimone, chiarisce di essere stato lui alla guida della Fiat 500 vista da Hoffman mentre si dirigeva in ospedale per trovare un parente, e che dietro non erano le bambine a sbattere le mani sul vetro, bensì suo figlio che si lamentava. Il benzinaio parte per la Germania. La moglie dell'altro testimone chiamata a confermare la versione del marito, dice di non aver mai sentito parlare del parente in ospedale e pochi giorni dopo, il marito stesso perde la vita precipitando da un terrazzo durante un'operazione di lavoro.
Il primo cadavere, Antonella, viene scoperto in una scuola abbandonata da un idraulico che si era trovato casualmente sul posto, eppure era stata perlustrata quella zona, è parzialmente carbonizzato, con la testa avvolta da nastro adesivo che ne ha causato la morte per soffocamento. L'analisi sul corpo accerta che l'assassino ha seviziato la bambina, ma non ha usato violenza sessuale, è stata nutrita con pane, salame e cibo in scatola e tenuta in vita fino a poche ore prima del suo ritrovamento. L'indizio più importante è il ritrovamento accanto al corpo del rotolo di nastro adesivo con il quale Antonella è stata soffocata. Solo una impresa a Marsala le utilizza. Si cerca, ora, tra coloro che potrebbero avere in qualche modo odio nei confronti della famiglia.
Tra i numerosi indiziati che si alternano negli interrogatori c'è anche Michele, zio di Antonella, sposato con la sorella della madre. Ha un alibi avendo passato la notte in casa con i familiari, tornati improvvisamente dalla Germania. Secondo il Giudice Cesare Terranova, Michele non avrebbe avuto la possibilità di andare a spostare il corpo di Antonella nella scuola abbandonata e poi ritornare a casa in un così breve lasso di tempo. Tuttavia, sembra ben corrispondere all'uomo descritto ed è proprietario di una Fiat 500 blu, lavora come fattorino nell'unica azienda che usa quel nastro per gli imballaggi trovato accanto alla bimba. La moglie testimonia che quel giorno non era tornato a casa a pranzare come faceva di consueto, pur essendo uscito dall'azienda per la pausa alle 14. Così confessa di essere stato l'autore del rapimento delle tre bambine. Aggiunge di averle prese per appartarsi con loro, il movente sarebbe a sfondo sessuale. Riferisce che le sorelle Ninfa e Virginia le ha gettate in una cava profonda circa 20 metri. Ai bordi del pozzo, proprio in prossimità della sua imboccatura, i carabinieri trovano circa un metro di nastro adesivo, dello stesso tipo utilizzato per imbavagliare Antonella. Attaccati al nastro vengono trovati dei capelli biondi di donna la cui identità rimarrà per sempre un mistero.
Il pozzo è una cava di tufo abbandonata larga circa 10 metri, i corpi di Ninfa e Virginia vengono ritrovati.
Lo zio di Antonella continua a sostenere la tesi secondo cui tutto è cominciato dalla bevanda offertagli da un uomo che gli avrebbe “sconvolto il cervello”, portandolo a commettere gli efferati omicidi. Si pensa a complici. Viene arrestato il proprietario del fondo con il pozzo con l'accusa di concorso in omicidio e in sequestro di persona. Non si esclude un intervento mafioso che avesse imposto l'esecuzione del delitto di Antonella, la cui famiglia era in Germania. Il processo viene celebrato al tribunale di Trapani. Michele sostiene di aver rapito le bambine perché costretto dal direttore dell'azienda dove lavorava, ma di non aver loro torto neanche un capello. Scarse le prove di Michele contro l'uomo durante il processo che viene prosciolto. Prosciolto lo zio delle sorelle uccise, tirato in ballo da Michele, assolto anche il proprietario del terreno con il pozzo. Nel 1979 la cassazione riconosce colpevole del triplice omicidio e condannato alla pena di 29 anni Michele, zio di Antonella. Dopo aver scontato la pena ed essere stato scarcerato nel 2002, va a vivere in provincia di Viterbo, non ritornando mai più a Marsala. Nel 1989 il caso viene riaperto da Paolo Borsellino ma la mancanza di ulteriori prove costringe i magistrati a chiuderlo nuovamente.
Il pubblico ministero del processo Giangiacomo Ciaccio Montalto dopo anni parla di una ipotesi rimasta tale: il padre di Antonella, era un corriere della droga per conto di Cosa Nostra, quindi emigrato in Germania perché voleva rompere questo tipo di rapporto. Il rapimento di Antonella, ad opera di Michele, sarebbe stato eseguito per volere della mafia, per far tornare lui dalla Germania. Addirittura anni dopo Michele parla di pianificazione di sequestri di personaggi politici a cui il padre di Antonella non voleva partecipare per questo avrebbe deciso di scappare in Germania.
Tre bambine sono morte ed è quello che rimane di questa atroce storia che non ha trovato chiarimento completo.