Milena se ne stava seduta su una panchina della stazione con il vento che le scompigliava i folti capelli neri. Il gigante d’acciaio sbucò dalla collina silenzioso come un serpente che si avvicina alla preda. Milena si accostò alla linea di sicurezza gialla, la oltrepassò, aspettò che il treno si fermasse, vi salì e si sedette accanto al finestrino.
Soltanto qualche giorno prima era sdraiata sul letto a contemplare il buio della stanza. Non ci si può fidare più nemmeno delle previsioni, doveva esserci il sole e invece fuori diluviava.
- Ma perché non ti trovi un bravo ragazzo, così ti sposi e metti su famiglia? - le ripeteva sua madre vedendola sempre sola. Le aveva raccontato decine di volte come si erano conosciuti e convolati a nozze e ogni volta le toccava sorbirsi la solita storia della donna felice, ma secondo lei nascondeva il bisogno di fuggire da una realtà il più delle volte sorda e insensibile ai bisogni di una giovane donna. Per Milena invece, innamorarsi significava trovare un uomo senza il quale era impossibile vivere, respirare, un uomo che le riempisse la testa, il cuore e l’anima di sé, che la avvolgesse con i suoi respiri e con cui condividere le gioie e i dolori della vita. Credeva che Carlo fosse il suo grande amore, l’amore con la “A” maiuscola, così grande che aveva deciso persino di trovarsi un appartamentino tutto loro, dove iniziare una vita insieme. Anche se per la verità le sembrava già di sentire suo padre lamentarsi che loro unica figlia andava a convivere, e per di più conosciuto da poco! Per sua madre, molto religiosa, bisognava prima fidanzarsi, poi sposarsi e infine mettere al mondo dei figli. Era la regola, e andava rispettata. E con la loro situazione finanziaria non erano certo in grado di assicurare un futuro sereno ai loro figli anche se, finiti gli studi, Carlo avrebbe iniziato a lavorare presso lo studio commerciale del padre. Ma a volte il destino fa come gli pare e lei rimase incinta. Imbarazzato le confessò di non sentirsi ancora pronto per fare il padre, che non era ancora arrivato il suo momento. Era spaventato e disorientato e anche lei lo era. Come potevano essere stati così imprudenti? Carlo le consigliò di abortire, ma Milena si infuriò e non volle più ascoltarlo, anzi, gli urlò in faccia che se lui fosse stato una persona responsabile avrebbe già organizzato il matrimonio. Invece Carlo era lì che tremava.
- Non so, dovrei parlarne ai miei genitori, ma non so come dirglielo... quando dirglielo. - Per qualche giorno Carlo non si fece sentire e se lei provava a chiamarlo al cellulare, il suo telefono risultava spento o le poche volte che squillava, puntualmente lui rifiutava la chiamata. E poi, forse esasperato dalle telefonate di Milena, che a volte si protraevano anche fino a tarda sera, si decise a rispondere. Milena gli disse che dovevano vedersi al più presto per parlare del loro futuro e di quello del loro bambino, ma lui era sempre molto vago e rispondeva a monosillabe. Andava avanti così da settimane e aveva accumulato tanta di quella tensione che desiderava solo di allontanarsi da tutti. E l’avrebbe fatto in una di quelle notti in cui non riusciva a prendere sonno o, se si addormentava, si svegliava di soprassalto con il cuore che le pulsava come impazzito. Basta, non poteva più vivere con un uomo che non voleva il figlio che portava in grembo, non sarebbe stato giusto per entrambi e, anche se il pensiero di lasciare soli i suoi genitori le spezzava il cuore, ci sono cose che vanno fatte a prescindere da tutto il resto. La mattina dopo si svegliò con l’intenzione di uscire e fare un po’ di spesa, cucinare qualcosa per pranzo, sistemarsi sul divano e leggere un libro sorseggiando un caffè, passeggiare al parco e comprarsi un gelato. Invece era lì che cercava le parole giuste da dire ai suoi genitori. Li avrebbe rassicurati, promesso loro che non avrebbe commesso pazzie o colpi di testa: aveva soltanto bisogno di vivere veramente e totalmente la sua vita. Era sincera, ma anche maledettamente spaventata perché avrebbe lasciato due genitori meravigliosi e la casa dove era nata per dare un nuovo scopo alla sua vita. E quel senso di amarezza che Carlo le aveva lasciato nell’anima, e l’amore per se stessa, la convinsero a superare i ogni timore. E se non avesse agito in quel modo, se avesse zittito la voce che urlava di reagire se ne sarebbe pentita per il resto dei suoi giorni.
Scese dal treno con la convinzione che un nuovo giorno stava nascendo. L’uomo seduto alla reception del albergo di un altrettanto minuscolo paese, la fissava come se avesse visto un fantasma. Si alzò di scatto, rovesciando la sedia.
Perché era tornata?
- Ha bisogno di qualcosa, signora? -
- Vorrei una camera. - rispose Milena perplessa.
- Una camera... - ripeté l’uomo a bassa voce. - E quanto tempo si ferma? - balbettò decisamente agitato. Milena se ne stava in piedi frastornata dalla sua reazione.
- Una notte... due... forse anche di più, non lo so ancora. Perché, ci sono problemi con le camere? – Replicò Milena che cominciava a infastidirsi.
- No, signora, nessun problema con le camere. - l’uomo si sforzava di restare calmo. - Vedrà che si innamorerà del posto, del lago, sempre se sopravvivrà alla leggenda. - Una frase buttata lì come a volerla spaventare o soltanto un modo per farsi pubblicità? Forse aveva ripetuto le stesse cose centinaia di volte a centinaia di clienti che avevano alloggiato nell’albergo. Si tranquillizzò, ma la curiosità ebbe il sopravvento.
- Quale leggenda!? -
- Non mi dica che non ha mai sentito parlare del ragazzo annegato nel lago per amore di una fanciulla?! -
- No, non l’ho mai sentita. -
- Suvvia, i telegiornali ne hanno parlato per settimane! -
- Mi dispiace, io... Ma perché ha detto che è una leggenda se è un fatto di cronaca? - l’uomo sospirò.
- Perché il suo corpo non è mai stato ritrovato, ma insieme alla maglia del ragazzo è stata rinvenuta una fotografia. Si dice che nelle notti tempestose qualcuno lo abbia visto aggirarsi nei pressi del lago e udito un lamento simile a un pianto. Ma non stia a pensarci troppo... Si ricordi che può restare tutto il tempo che vuole: lei qui è la benvenuta. –
- Grazie. -
- Perché più tardi non va a farsi una bella camminata al lago? La faggeta è una meraviglia in questo periodo! Ma si sbrighi, minaccia pioggia... - Improvvisamente un tuono squarciò il silenzio. Milena ebbe un sussulto.
- Posso farle una domanda? - chiese appena si riprese. - Ho notato che nel vedermi ha avuto un’espressione strana. -
- Oh no, è che non mi aspettavo di ricevere una cliente a quest’ora, ecco. - si giustificò l’uomo.
- Strano... -
- Perché strano? Mi scusi signora, ma non capisco. - l’uomo deglutì e si passò il fazzoletto sulla fronte.
- Perché prima di venire qui ho incontrato alcune persone che hanno avuto la stessa reazione che ha avuto lei appena mi ha visto. -
- Be’, ecco, vede... - balbettava l’uomo - lei assomiglia moltissimo alla donna della foto trovata accanto alla maglia del ragazzo annegato. -
- Ma è assurdo, quella ragazza ora non avrebbe di certo la mia età. -
- Lei ha ragione, signora, ma è così. Le persone che ha incontrato devono aver pensato di trovarsi davanti a un... un fantasma. Capisce? -
Milena faticava a credere che al giorno d’oggi esistessero ancora persone che credono ai fantasmi.
- Be’, io non sono un fantasma. - concluse.
- Certo, certo. E mi scusi se l’ho importunata con questa storia. Ecco, questa è la chiave della sua stanza, terzo piano. - Milena afferrò la chiave, prese il bagaglio e si diresse verso le scale pensando al ragazzo del lago: doveva amare molto quella donna per aver fatto un gesto così estremo. Lungo il corridoio si rigirava nervosamente la chiave nella mano, mentre con l’altra tirava il bagaglio che si era portata dietro, una piccola valigia riempita alla rinfusa. Soltanto quando varcò la soglia della stanza si rese davvero conto di quello che aveva fatto. Lungo il corridoio si rigirava nervosamente la chiave nella mano, mentre con l’altra tirava il bagaglio che si era portata dietro, una piccola valigia riempita alla rinfusa. Soltanto quando varcò la soglia della stanza si rese davvero conto di quello che aveva fatto. Era scappata di casa, infilato in valigia le prime cose che aveva trovato nei cassetti e si era chiusa la porta di casa alle spalle. Aveva agito d’istinto, lei che era sempre stata una donna controllata, lucida, fin dai tempi del liceo. Ma il suo era stato un gesto comandato dall’esasperazione, dalla volontà di fuggire da una situazione che non era più in grado di sopportare. E il risultato fu di voltare le spalle a tutto e tutti. Si sdraiò sul letto con la speranza di rilassarsi, ma era tormentata da un vortice di domande senza risposte. Sapeva che presto il suo cellulare avrebbe preso a squillare, così lo spense. Andò alla finestra, scostò la tenda e in lontananza l’eremo di San Domenico si rispecchiava nelle acque azzurrine del lago. Ma all’improvviso il cellulare emise due brevi suoni. Milena sobbalzò. Ma non l’aveva spento? Forse credeva soltanto di averlo fatto. Si strinse nervosamente le mani, lo afferrò pensando subito che quello stronzo di Carlo non aveva avuto nemmeno il coraggio di chiamarla. Ma a scriverle non era Carlo.
Ti ho aspettato per anni, e ora finalmente sei tornata da me.
Che significava quel messaggio? E chi gliel’aveva inviato? Si avvicinò alla finestra e l’aprì, una boccata d’aria fresca era proprio quello che ci voleva. Si era alzato un improvviso vento e il cielo era carico di nuvole minacciose. L’uomo in portineria aveva ragione, presto sarebbe scoppiato un temporale. Ma certo! Il temporale doveva aver creato un forte campo magnetico e il cellulare aveva captato un messaggio inviato da chissà quanto tempo prima. Gli alberghi custodiscono migliaia di parole e segreti che poi finiscono per rimanere imprigionati fra le mura delle camere. Non doveva pensarci più, se voleva andare al lago doveva sbrigarsi, una passeggiata l’avrebbe aiutata a scrollarsi di dosso l’agitazione. Aveva percorso circa metà sentiero intorno al lago, quando in lontananza scorse una strana luce fra i fitti arbusti, forse qualcuno che aveva deciso di campeggiare o magari una coppia in cerca di intimità. Non riuscì a resistere alla curiosità e si avvicinò. Sembrava molto più tardi e invece era ancora pomeriggio. Il vento soffiava forte e fu allora che udì un lamento. Il cuore le balzò in gola. Si avvicinò con prudenza e a un tratto le sembrò persino di vederlo. Un volto minuto contornato da una folta chioma che assecondava i capricci del vento. Voleva avvicinarsi, parlargli, ma quando superò il groviglio di arbusti il ragazzo non c’era più. Dove poteva essere andato?
- Ehi ragazzo, sei qui? Va tutto bene, sono una tua amica, voglio solo parlare con te. – Ma di lui nessuna traccia. Com’era possibile che fosse sparito nel nulla? Un attimo prima era lì e un momento dopo non c’era più. Si sentì una sciocca. Stava per convincersi di essersi sbagliata quando all’improvviso il ragazzo ricomparve fermandosi a pochi passi da lei. Milena non riuscì a trattenere un grido che subito ricacciò in gola. Il terreno era ricoperto di foglie, come aveva fatto ad avvicinarsi senza che lei se ne accorgesse? - Ti ho aspettato per tutto questo tempo. Sono venuto qui ogni sera alla stessa ora, ma tu non c’eri mai. Perché non sei più tornata da me? - Il ragazzo aveva un’espressione sofferente. Milena non capiva cosa volesse dire. Sembrava così in pena... Una folata di vento le sferzò il viso, costringendola a stringersi nel maglione.
- Vieni... - Milena era incantata da quegli occhi magnetici, così vivi e luminosi. Era come ipnotizzata. Allungò una mano e sfiorò la sua, si lasciò guidare pensando di non aver mai provato niente di simile per qualcuno. Il ragazzo la condusse all’interno di uno strano rifugio ricavato fra i cespugli.
- Chi sei? - gli chiese con un filo di voce. Il ragazzo invece di rispondere si avvicinò, le scostò i capelli dal viso e la baciò. Labbra calde, morbide, maledette. Dapprima lei non lo assecondò ma nemmeno si ritrasse, non ne aveva la forza, poi si abbandonò totalmente lasciandosi trasportare da un insieme di emozioni che la stordirono.
- Grazie... – sussurrò il ragazzo con un’espressione serena in volto. Poi la sua espressione cambiò.
- Questo mondo non ti appartiene, devi tornare da dove sei venuta. - Milena era nella più totale confusione.
- Non ho un posto dove andare e nessuno da cui tornare. Ti prego, ho bisogno di sapere chi sei... - Un forte tuono la fece sobbalzare e un lampo nel cielo la accecò, e quando riaprì gli occhi il ragazzo era scomparso. Si affannò per cercarlo, ma sembrava svanito nel nulla così come dal nulla era apparso. Sul terreno cosparso di foglie trovò una maglia, si chinò per raccoglierla e fu allora che scorse la foto. Le si fermò il cuore quando notò che la donna ritratta con quel ragazzo somigliava a lei. No, non le somigliava, era proprio lei. Per un attimo pensò di essere davvero un fantasma, proprio come aveva detto l’uomo dell’albergo. Lasciò l’indumento a terra, ma tenne con sé la foto. Il cielo si stava aprendo e un pallido sole illuminò il lago. Il rischio che si scatenasse un temporale era fortunatamente rientrato, ma prima di tornare in albergo decise di immortalare col cellulare quel posto incantevole, anche se nessuna fotografia sarebbe riuscita a descrivere l’emozione che quel bacio le avevano lasciato nel cuore... Riecheggiavano ancora le strane parole di quel misterioso ragazzo... Questo mondo non ti appartiene, torna da dove sei venuta... Qualcosa le suggerì che non aveva più niente da fare lì. La mattina dopo Milena risalì in camera, richiuse la valigia e giunse in stazione. Entrò nel bar e ordinò un caffè lungo, forte, lo bevve amaro. La caffeina le schiarì i pensieri e le diede di nuovo la forza per riordinare le idee. Il treno sbucò dalla collina all’improvviso, in silenzio, come un serpente che si avvicina alla preda. Salì e si sedette accanto al finestrino con un’espressione malinconica. Prima di varcare la soglia di casa, promise di tenere per sé quell’incredibile storia, perché anche se l’avesse raccontata nessuno le avrebbe mai creduta. Carlo non si aspettava di rivederla, la accolse con le lacrime agli occhi e piangendo le chiese scusa, promettendole di sposarla e di prendersi cura del bambino che stava per nascere. Milena si lasciò cullare, accoccolata al suo petto. Chiuse gli occhi... ormai non c’era più nessuno da cercare con lo sguardo, il ragazzo se n’era andato per sempre, ma il suo profumo non lo avrebbe mai dimenticato.
F I N E