Martedì, 02 Febbraio 2021 17:48

"Fiamma di Dio", l'alchimista della pietra filosofale e l'elisir di lunga vita.

Scritto da Angela Curatolo

Sua moglie Perenelle era conosciuta come una grande maga e strega.

Verità o leggenda?

Solo dopo la sua dipartita si divulgò la fama dell'alchimista francese Nicolas Flamel, nato a Pontoise nel 1330, morto a Parigi il 22 marzo. Il suo nome che nella lingua degli uccelli, secondo un manoscritto islandese, significherebbe letteralmente fiamma di Dio, venne collegato alla leggenda della pietra filosofale da una serie di opere alchemiche, pubblicate nel XVII secolo e a lui attribuite, ma considerate apocrife.

Flamel a Parigi condusse due negozi come scrivano e poi sposò una vedova di due precedenti mariti, di nome Perenelle, più vecchia di lui e dotata di buon patrimonio, alchimista e strega, morì nel 1397. La sua fama trova origine in uno scritto del 1612 attribuito al marito. I due avevano diverse proprietà ed effettuavano cospicue donazioni alla Chiesa, comprese le commissioni di diverse sculture. Una delle abitazioni appartenute a Flamel è al 51 di rue de Montmorency. È considerata la più antica casa in pietra di Parigi dove gli è stata dedicata una strada nei pressi del Museo del Louvre, rue Nicolas Flamel, che interseca rue Pernelle, nome della moglie.

Interessante è proprio la sua tomba con misteriosi simboli alchemici, sita nella Chiesa dei Santi Innocenti a Parigi. Nel 1410 Flamel la progettò scolpita con immagini del Cristo, di San Pietro e San Paolo, conservata al Museo Nazionale del Medioevo (nell'Hôtel de Cluny) a Parigi, famoso anche per gli arazzi della Dama e l'Unicorno.

Flamel contribuì anche nel restauro del vecchio Cimitero degli Innocenti di Parigi, per la realizzazione di strutture arcate poste sopra le murate, al fine di contenere le ossa dei cadaveri in eccesso. Il più famoso camposanto di Parigi prese il nome dalla vicina Chiesa, scomparsa quasi contemporaneamente al cimitero (1787) e si riferisce alla Strage degli Innocenti ordinata da Re Erode. Fu tristemente noto come "Carnaio degli Innocenti", a causa delle pessime sepolture effettuate nel corso dei secoli, con i corpi accatastati l'uno sull'altro, in modo tale che le ossa crollassero sotto il loro stesso peso, finendo al di là delle mura e che ci fossero anche fuoriuscite di materiali organici, prodotti dalla decomposizione dei cadaveri, che defluivano nelle strade e venendo quindi a contatto dei passanti, con i relativi disagi immaginabili. Venne chiuso per malasanità. Dal 1786 al 1788 vennero riesumati alcuni corpi e da qui trasportati alle catacombe, nei pressi del Cimitero di Montparnasse. Si è stimato che dal Medioevo fino al XVIII secolo il Cimitero degli Innocenti ospitò cadaveri appartenenti a 22 parrocchie parigine, per un totale di circa due milioni di parigini. Durante gli anni in cui il cimitero era attivo, circolava una leggenda metropolitana, secondo la quale la terra degli Innocenti fosse in grado di, letteralmente, "mangiarsi i cadaveri nel giro di nove giorni".

Il testamento dell'alchimista, datato 22 novembre 1416, indica una certa agiatezza difforme dalla straordinaria ricchezza vantata nelle leggende alchemiche posteriori. Del resto al di là dei testi apocrifi non ci sono altre testimonianze che il Flamel storico abbia effettivamente esercitato l'alchimia, la medicina o la farmacia.

Fu sepolto a Parigi nel 1418 verso la fine della navata della vecchia Chiesa di Saint-Jacques-de-la-Boucherie, dove è stata installata la sua lapide su un pilastro sotto un'immagine della Vergine. La chiesa fu distrutta alla fine del periodo rivoluzionario, intorno al 1797. La pietra tombale fu tuttavia conservata e acquistata da un antiquario, è attualmente al Museo de Cluny. La leggenda narra che l'avesse trovata a casa di una fruttivendola che la utilizzava come ripiano per pulire gli spinaci.

La leggenda sul Flamel alchimista eccelso, che riuscì ad ottenere la pietra filosofale e l'immortalità, è basata in primo luogo su pubblicazioni del XVII secolo. L'opera centrale è Le livre des figures hiéroglyphiques (Libro delle figure geroglifiche), pubblicato a Parigi nel 1612; e Exposition of the Hieroglyphical Figures, pubblicato a Londra nel 1624.

Si tratta di una collezione di disegni per un timpano del Cimetière des Innocents, presumibilmente recuperata dopo una lunga scomparsa. Nell'introduzione l'editore descrive gli sforzi di Flamel per venire a capo dei contenuti di un misterioso libretto di 21 pagine da lui acquistato dopo un sogno in cui gli avrebbe fatto visita un angelo, indicandoglielo. Flamel attorno al 1378 si sarebbe recato in Spagna per cercare aiuto, incontrando sulla via del ritorno un sapiente che avrebbe riconosciuto nel libro una copia del grimorio La magia sacra di Abramelin il mago che spiega i fondamenti della magia sacra, elencando le azioni preparatorie e tutto ciò che deve essere fatto per eseguire un rito di successo, si trovano anche ammonimenti contro l'uso di altri grimori, di pratiche erronee e nomi barbari deprecati, oltre all'affermazione che non è necessaria l'osservanza delle ore planetarie previste dall'astrologia. Capitoli speciali sono dedicati all'invocazione di spiriti buoni e cattivi, in cui si sottolinea l'importanza dell'Angelo Custode quale mediatore tra il mago operatore ed il mondo soprannaturale: il suo angelo personale è destinato ad apparirgli quando egli abbia concluso in maniera impeccabile le complesse cerimonie previste, dedicandosi inoltre alla preghiera, astenendosi dall'alcol, e vivendo in castità. E tanto altro. Il fondamento di tale storia venne contestata già nel 1761 dall'abate Etienne-François Villain. Questi sosteneva che l'ideatore della leggenda era lo stesso editore dell'opera, P. Arnauld de la Chevalerie, che si sarebbe nascosto con lo pseudonimo di Eiranaeus Orandus. Tuttavia la storia di Flamel l'alchimista era ormai stata adottata da diversi autori attivi nel campo dell'occulto e del fantastico, che l'avevano ulteriormente arricchita di dettagli.

Riferimenti alla leggenda appaiono ad esempio in scritti di Isaac Newton (che menziona i dragoni di Flamel, uno alato e l'altro no), noto per gli interessi alchemici. La figura di Flamel tornò alla ribalta nel diciannovesimo secolo. Viene ad esempio menzionato da Victor Hugo nel romanzo Notre-Dame de Paris e da Albert Pike in Morals and Dogma of the Scottish Rite of Freemasonry. Viene citato come figura ispiratrice da André Breton nel secondo manifesto surrealista. Ha poi trovato ampia adozione nella letteratura popolare e nei media negli ultimi decenni. Infine viene citato nel primo romanzo della serie di Harry Potter, Harry Potter e la pietra filosofale, ed appare di persona nel secondo film della serie di Animali Fantastici, I crimini di Grindelwald, entrambi ad opera di J. K. Rowling.