Sì, al mare. Una delle cose che amava di più era scendere in spiaggia nelle fredde giornate d’inverno, e pensare... O forse era meglio addormentarli i pensieri. Una folata di vento gli sferzò il viso e si sentì vacillare, come quando lui e sua moglie fecero l’amore con un desiderio comune e inconfessato che li aveva fatti sperare per mesi, ma che ogni volta li lasciava delusi. Con lo sguardo all’insù, Leo scrutava il cielo gonfio di nuvoloni grigi che non promettevano niente di buono, anzi, annunciavano che presto sarebbe scoppiato un temporale. Era il diciassette marzo e quella mattina Leo era uscito presto sperando che il violento fragore del tuono riuscisse a scacciare, anche solo per un momento, il costante dolore che gli opprimeva il cuore. La temperatura era ancora molto bassa, ma in compenso le giornate si allungavano sempre più, offrendo in dono l’aria mite e profumata della primavera. Leo era un taciturno e introverso mercante d’arte e girava spesso il mondo per lavoro: Roma, Il Cairo, Istanbul, Praga, Mosca e appena ne aveva l’occasione si recava in spiaggia per stare lontano da tutti e pensare a Manuela, e ogni volta il dolore si faceva più insopportabile. Chiuse gli occhi e respirò profondamente riempiendo i polmoni dell’intenso odore di salsedine che il vento del nord trasportava con sé. Non aveva fatto nemmeno colazione, ma non se la sentiva di tornare di nuovo a casa: da quando Manuela lo aveva lasciato, la sua vita era cambiata. Si erano sposati tre anni prima, ma vivevano insieme da cinque e il loro era un sentimento solido. Ma il diavolo, si sa, è sempre in agguato e invidioso della felicità altrui. Da qualche tempo la moglie avvertiva un costante dolore alla testa e dopo una terapia farmacologica che si rivelò del tutto inutile, Leo le propose di farsi visitare da uno specialista. E gliene aveva parlato dopo pranzo, mentre la moglie sparecchiava facendo cadere le briciole a terra. Leo era davvero incredibile. Riusciva a dire le cose più importanti nei momenti meno opportuni. Manuela si sentì raggelare, mentre nella sua testa rimbombavano ancora le parole “specialista e controllo approfondito”. Lì per lì non disse niente, cercava ancora di rimettere insieme i pezzi. Forse era stato troppo diretto e non le aveva lasciato il tempo di metabolizzare la cosa. Per un istante l’immagine della famiglia numerosa che Manuela aveva sempre sognato si stava trasformando in una drammatica illusione. Lo guardava senza dire una parola, ma Leo sapeva quanto fosse spaventata all’idea di sdraiarsi sul lettino di un dottore per sentirsi dire che non poteva avere figli. Restarono in silenzio per alcuni minuti poi, senza pensarci troppo, Manuela annunciò che l’indomani avrebbe fissato l’appuntamento con uno specialista. Ma dopo la visita, la tragedia. La donna che Leo amava più della sua stessa vita soffriva di un male per il quale il più delle volte non c’è cura, e non riguardava il fatto di non poter avere figli. La risposta del medico non le lasciò alcuna speranza: il cancro si era insinuato nelle loro vite e nel giro di pochi mesi Leo si era ritrovato solo e ancora innamorato.
Forse per ritrovare un po’ di serenità doveva lasciarsi morire anche lui, rimuginava scagliando rabbiosamente i ciottoli nell’acqua increspata. Alzando gli occhi vide una donna che guardava il mare grigio, ferma come ad aspettare chissà chi o che cosa. Che ci faceva tutta sola a quell’ora del mattino e per di più con quel tempaccio? Forse cercava una solitudine impossibile da trovare altrove, oppure si voleva soltanto allontanare da chi l’aveva fatta soffrire. Ma in fondo a lui che importava, dopotutto era una donna come tante altre, una perfetta sconosciuta, considerava riprendendo a scagliare i ciottoli in mare. In quel momento la donna riprese a camminare nella sua direzione, e quando gli fu davanti notò che sulle spalle indossava uno scialle con una M ricamata di rosso. Uno scialle identico a quello che aveva regalato alla moglie in occasione del suo ultimo compleanno. Manuela non se ne separava mai.
La donna lo fissò con due occhi neri e tristi.
- Ciao, Leo. - La donna osservava i suoi capelli d’argento e le piccole rughe attorno agli occhi azzurri, quasi trasparenti, lo rendevano ancora molto affascinante.
Non poteva crederci, quella voce...
- Lei... lei sa come mi chiamo? - Leo l’aveva riconosciuta, eppure sapeva che non poteva essere lei.
- Leo, che ti prende? Sono io. -
L’uomo sbiancò.
- No, non puoi essere tu! - Stava vivendo un’esperienza ai limiti della realtà. Forse a fargli immaginare tutto erano i farmaci che il dottore gli aveva prescritto per sottrarsi alla terribile spirale della depressione. Oppure aveva soltanto bisogno credere che fosse vero. Non aveva mai smesso di amare la donna a cui aveva tolto la vita.
- Non mi riconosci? Sono Manuela. -
- Ma non puoi essere tu, tu sei... -
- Morta? Amore mio, parli della morte come se la conoscessi. - Leo allungò una mano per accarezzarla, ma temeva che se l’avesse sfiorata lei sarebbe svanita nel nulla e per sempre. Tuttavia la voglia di riabbracciarla era più forte del timore di perderla, così si fece coraggio e strinse le sue mani.
- Allora è vero, sei proprio tu... - Non voleva piangere, ma non riuscì a trattenere le lacrime.
- Non piangere, non è stata colpa tua. -
- E invece sì, e lo sai anche tu. -
- Ti prego, smettila. Non ho nessun rancore nei tuoi confronti. Non devi preoccuparti per me. - Era proprio quel continuo ripetergli di non preoccuparsi che finiva per farlo stare ancora più in pena: il dolore era più forte dell’emozione di riaverla ritrovata.
- Mi dispiace... - sussurrò. Eccolo lì, fragile e confuso fra le braccia della moglie. Lo teneva stretto al petto, il suo scialle emanava un delicato profumo di viole. Leo alzò il viso e incoraggiato dal suo sguardo le baciò le labbra. No, non stava immaginando tutto e ora ne aveva la certezza. Le sue labbra erano troppo calde per essere un sogno. Appartenevano a due mondi diversi, ma la vita come la morte trova sempre il modo di unire le persone.
- Adesso basta lacrime, avrei fatto lo stesso se fossi stato al posto mio. Sapevi bene che non avevo alcuna speranza di sopravvivere e non importa se il mondo ti condanna, perché solo per amore si può compiere un gesto simile. E smettila di prendere quei farmaci, finiranno per distruggerti. -
- Ma tu... come fai a sapere dei farmaci? - Manuela gli toccò le labbra con le dita.
- D’ora in poi non avrai più bisogno di nessuna medicina. Sarò io la tua cura. - Lei lo strinse forte a sé e Leo si sentì attraversare da una fortissima presenza che gli procurò una sensazione di vertigine.
Poi Manuela si voltò e riprese a camminare, scomparendo dalla sua vista così come era apparsa. Se soltanto qualche giorno prima Leo aveva pensato di farla finita, quell’incontro gli aveva restituito la speranza di vivere, tant’è che aveva deciso di gettare via tutti i farmaci. Ma una volta a casa riconsiderò la situazione con la poca lucidità che gli era rimasta. Si sciacquò abbondantemente il viso e si lasciò cadere sul divano, ma il rumore insistente di uno scuro che sbatteva violentemente a causa del forte vento lo costrinse a rialzarsi. Scese al piano di sotto e lo fissò col gancio. Dalla porta della cucina notò qualcosa che assomigliava a una maglia lasciata distrattamente sul pavimento. Si chinò per raccoglierla e in quel momento si rese conto che si trattava dello scialle che indossava la donna che aveva incontrato in spiaggia. Riconobbe subito quello scialle con la M ricamata di rosso. Ora non aveva bisogno di altre prove, era certo che la donna che aveva incontrato fosse sua moglie. Con gli occhi lucidi, affondò il viso nello scialle e trasse un respiro profondo, lo baciò. Emanava un delicato profumo di viole, il profumo preferito di Manuela.
F I N E