Lunedì, 26 Aprile 2021 14:46

Vatti a fidare delle amiche Terza parte

Scritto da Marco Battista

Incontro con il fantastico Marco Battista

Vatti a fidare delle amiche  - Quarta e ultima parte - Zaffiro Magazine Giornale Online

Vatti a fidare delle amiche. Seconda parte -

Vatti a fidare delle amiche! Prima parte - 

- Mi è sembrato di vedere una persona uscire dall’albergo nel cuore della notte. - Marilù ha un sussulto, sembra confusa, ma poi si riprende.

- Sì, ero io. - balbetta. - Non riuscivo a dormire e sono andata a fare due passi. -

Quella stessa notte la luce di una torcia che si muove nel buio attira la mia attenzione. La mezzanotte è passata da qualche minuto e senza pensarci troppo m’infilo qualcosa addosso e mi precipito davanti alla porta di Marilù. Busso, ma lei non mi risponde. Che cosa avrà di così urgente da fare per uscire a quell’ora di notte? Questa è la domanda che mi tormenta da un po’. Non sono affari miei, però Marilù è una mia amica per cui decido ugualmente di saperne di più, magari si è messa in qualche guaio di cui non riesce a parlarne e mi ha voluta qui con la scusa del lavoro, perché la aiutassi. Decido di non dirle niente nemmeno questa volta, ma se uscirà anche domani notte, giuro che la affronterò e questa volta dovrà dirmi la verità. È quasi l’una di notte e non è ancora accaduto nulla. Forse mi sono allarmata per nulla, forse si è trattata solo di una coincidenza, e quando sono ormai certa che non succederà nulla e sto per indossare il pigiama per mettermi a letto, ecco che la vedo affrettarsi per il sentiero ghiaioso. Questa volta sono pronta a seguirla. La seguo facendo attenzione di non far rumore, ma la ghiaia sotto le mie scarpe rischia di farmi scoprire. Marilù si volta più volte di scatto, poi si stringe nel mantello e ricomincia a camminare. Costeggia il muraglione della vecchia prigione, arriva davanti al cancello di ferro e si ferma, si guarda intorno e poi riprende fino a quando non arriva davanti alla chiesa delle Grazie, illuminata soltanto da un lampione che emana un alone di luce arancione. Si ferma, spinge il pesante portone di legno ed entra. Che strano. Eppure è stata lei a dirmi che la chiesa era stata messa in sicurezza e che mi sarei dovuta tenere alla larga. Deve avere un buon motivo per avermi mentito, un ottimo motivo. E poi perché uscire proprio nel cuore della notte per rinchiudersi dentro una chiesa? Tutto questo mistero mi spaventa, ma continua a intrigarmi e mi costringe a vederci chiaro. Forse è lì per incontrare qualcuno la cui identità deve restare segreta, o magari è coinvolta in qualche organizzazione illecita che si occupa di contrabbandare prodotti contraffatti. Mi stupisco di quanto la mia mente riesca a elaborare le più assurde e improbabili congetture. Mi avvicino per sbirciare all’interno, ma le finestre sono situate troppo in alto. Non mi resta che entrare dal portone che Marilù ha lasciato soltanto accostato. Negli sguardi delle statue sacre leggo tutto il disappunto per aver profanato il silenzio di quel luogo. Accanto alla statua della Vergine, si trova il leggio con la Bibbia aperta nel mezzo. Dei rumori mi fanno sussultare. Mi nascondo dietro una colonna e resto immobile. Ecco, sento la sua voce. Sta conversando con qualcuno, e mi chiedo chi diavolo possa aver incontrato a quell’ora di notte. Non riesco a capire cosa si dicono perché il vociare è confuso e frettoloso; tuttavia riesco a distinguere chiaramente “segreto” e “patto”. Segreto e patto? E che c’entrano con Marilù? Avrei voglia di uscire allo scoperto e pretendere delle spiegazioni, ma qualcosa mi frena. Forse è il timore di scoprire che si sia davvero ficcata in qualche grosso guaio. O, più semplicemente, ho paura di finirci io in qualche guaio. Improvvisamente un odore nauseabondo inonda le mie narici, costringendomi a uscire dalla chiesa. Stando bene attenta a non farmi scoprire, ripercorro il sentiero brecciato e rientro in albergo. Mi infilo nel letto, ma sento ancora l’adrenalina scorrermi nelle vene. So già che non dormirò. Mi chiedo cosa stia succedendo. Confesso che la paura sta superando la curiosità. Chissà, forse ho sbagliato ad accettare la sua proposta di lavoro. E intanto che la mia testa si affolla di domande, scivolo in un sonno profondo. Il giorno dopo, Marilù e io facciamo colazione insieme. Indossa una vestaglia di seta viola e anche senza trucco è comunque bellissima. Che ci sia qualcosa che non va nel comportamento di Marilù è ormai assodato, per cui mi chiedo come faccia a non sentire il bisogno di confidarsi con me. È affamata e divora due fette di pane tostato con burro e marmellata, una tazza di latte caldo e un bicchiere di succo d’arancia. Io prendo soltanto un cappuccino e un cornetto. Inevitabilmente i nostri discorsi finiscono per ricadere sui nostri fallimenti sentimentali. Parliamo dei nostri uomini, che ora saranno chissà dove e chissà con chi e poi parliamo di lavoro organizzando la mattinata, e ci diamo appuntamento nel pomeriggio. Devo farmi coraggio e affrontare l’argomento, invece non riesco a dire nemmeno una parola. Mi ero ripromessa di parlargliene, ma poi l’ho vista così serena e sorridente che non ho avuto il coraggio di cacciare l’argomento col rischio di rovinarle la mattinata.

Quando la rivedo è quasi ora di cena. Nonostante lavori tutto il giorno, Marilù non dà il minimo accenno di stanchezza. Ci sediamo davanti a un aperitivo e continuiamo a parlare di lavoro sorseggiando un prosecco. Le cose vanno bene, ma ci sono ancora alcuni aspetti da sistemare. Per la mattina seguente Marilù mi lascia alcuni incarichi per cui salgo al piano di sopra e mi trovo davanti alla camera 666. Non voglio disubbidire a un suo ordine preciso, ma Marilù si è circondata di un’aura di mistero così forte che non riesco a mantenere la promessa. Mi guardo intorno e dopo essermi assicurata che non ci siano occhi indiscreti, afferro la maniglia e cerco di aprirla ma è chiusa a chiave. Forse è meglio rinunciare a giocare alla detective. Me ne vado a fare un giro fuori, forse l’aria fresca mi farà venire in mente qualche idea. Mi hanno sempre suscitato molto fascino i sentieri che si perdono fra gli alberi, e intanto sono arrivata davanti alla chiesa. Decido di disubbidire per la seconda volta a Marilù, in fin dei conti è stata lei stessa a entrarvi la notte scorsa. Ero certa di non trovare nessuno e invece scorgo un sacerdote intento a spolverare un vecchio quadro. Aspetto che rientri in sagrestia e avanzo. Mi guardo intorno procedendo a piccoli passi, ma improvvisamente sbatto al leggio che afferro al volo con entrambe le mani, ma non riesco a evitare di far cadere la Bibbia. Porto le mani alla bocca, come se avessi commesso un peccato mortale. Timorosa che il prete possa avermi sentita, la raccolgo e la ripongo sul leggio. Do una controllata veloce che non si sia rovinata e quasi mi si ferma il cuore quando scopro che le pagine sono tutte prive della parola di dio. Com’è possibile una cosa del genere? Mi allontano spaventata finché lo sguardo mi cade su un quadro raffigurante due angeli che improvvisamente si animano come mossi da una misteriosa forza. Un urlo soffocato esce dalla mia bocca e indietreggiando, urto contro una panca. Il rumore si amplifica per tutta la chiesa. Mi affretto a uscire, ma con la coda dell’occhio avverto la presenza di qualcuno che sembra guardare nella mia direzione.

Sono circa le tre del pomeriggio e sta per ricominciare il mio turno pomeridiano, quando incontro Irene, una delle ragazze che ho visto lavorare ai piani. Colgo l’occasione per chiederle se avesse visto entrare o uscire qualcuno dalla stanza 666.

- No! - risponde decisa, - e se fossi in te, non farei troppe domande. - Poi torna troppo in fretta al suo lavoro. Io resto sconcertata dal suo comportamento. Se una semplice domanda provoca questa reazione, vuol dire che sotto dev’esserci per forza qualcosa di molto strano. Ormai ne sono certa.

- Allora, Clarissa, ormai è un po’ che sei nel mio albergo. Come ti trovi a lavorare per me? - mi chiede Marilù quando ci rivediamo, nel tardo pomeriggio.

- Alla grande! - dico, controllando la mia agitazione. - Hai fatto proprio bene a insistere per farmi venire qui. esclamo lavoro mi piace davvero molto e lo devo soltanto a te. - sorrido.

- Mi è venuta un’idea. Vorrei promuovere il nostro centro benessere. Dovrai preparare dei pacchetti promozionali durante i fine settimana. -

- È una buona idea. - approvo tutta eccitata.

- Lascio fare a te, dall’arrivo in albergo dei clienti fino alla loro partenza. - Accetto volentieri la sfida, perché sento che questo nuovo incarico è un gesto di fiducia nei miei confronti. Marilù fa cenno a Viola di avvicinarsi. Viola si occupa delle forniture alimentari, mostra meno di trent’anni ed è molto bella. Non è molto alta, ha la pelle olivastra e indossa una divisa aderente che risalta le sue generose curve, e porta un cappellino che contiene a stento una folta chioma scura. Le sussurra qualcosa all’orecchio, poi la congeda con un buffetto sul fondoschiena sodo e rotondo. Viola se ne va agitando sapientemente il bacino, poi si volta e le sorride con malizia. Marilù risponde al suo sorriso con altrettanta lascivia.

- Scusami, ma ora devo proprio andare. - dice senza mai distogliere lo sguardo dal fondoschiena di Viola. - Non so per quanto tempo ne avrò. Un’ora, forse due. Anzi, ti lascio le chiavi del mio ufficio, qualora avessi bisogno di qualcosa. -

Qualcosa mi dice che il suo impegno è fra le braccia di quella ragazza e mi chiedo stupita perché mi faccia così strano. Forse è meglio che pensi a qualcos’altro, anch’io ho ancora molte cose da fare. Ma la verità è che non riesco a togliermi dalla testa la camera 666. Sono certa che nasconde qualcosa di importante. E ora ho anche le chiavi. È improbabile che fra queste ci sia la chiave che apre quella benedetta porta, ma tentare non costa nulla e poi non ho altra scelta. Salgo di nuovo al piano di sopra e percorro il corridoio fino ad arrivare davanti alla misteriosa stanza. Faccio per aprirla, ma come immaginavo è chiusa. Tiro fuori il mazzo di chiavi dalla tasca e inizio a provarle una dopo l’altra, ma nessuna è quella giusta. Sconfortata mi passo una mano fra i capelli, e fra le dita mi rimane impigliato il ferretto che uso per fermare le ciocche ribelli. Sì - esulto. - Una volta ho visto un film dove per aprire una porta chiusa a chiave, un ladro aveva usato lo stesso ferretto per capelli che possedevo io. Se quel trucchetto era riuscito a lui, doveva funzionare anche per me. Afferro il ferretto e lo infilo nella serratura. Dopo qualche tentativo, sento la serratura sbloccarsi. Ci sono riuscita. Entro e richiudo in fretta la porta. Apro i tiretti, guardo negli armadi, do un’occhiata ovunque, persino sotto lo scrittoio ma a parte le solite scartoffie, sembra che non ci sia nulla di rilevante ai fini della mia ricerca. Eppure sento che ci deve essere qualcosa. Mi viene in mente che Marilù porta sempre con sé una specie di agenda dove annota ogni genere di appuntamenti. Ma sì, sento che è lì che troverò quello che mi serve. Ora, l’unico problema è riuscire a prenderle l’agenda. Esco con una rinnovata fiducia, dopo essermi assicurata di lasciare tutto in ordine. Ma appena torno giù vedo Marilù seduta nella hall che mi aspetta.

- Dove sei stata? Ti ho cercato dappertutto! -

- Ehm... sono stata in camera mia. -

- Ma che dici! Vengo ora da lì e non c’eri. – dice, guardandomi un po’ di traverso.

- Forse ero in bagno e non ti ho sentito bussare. Ma tu, invece, non avevi un impegno? - dissi con una certa freddezza. -

- Sì, ma c’è voluto meno del previsto. - mi guarda con un sorrisetto malizioso che a me dà fastidio. Se ne accorge.

- Che cos’hai oggi, Clarissa? Mi sembri preoccupata. Va tutto bene? -

- Certo che va tutto bene. Sono in un posto da favola con la mia migliore amica... cosa potrei volere di più! -

- Bene. - Marilù mi guarda con uno strano sorriso che mi gela il sangue. Questa volta me la sono cavata, ma in futuro dovrò stare più attenta o saranno guai per me.

- Mi è venuta una sete pazzesca. -

- Sai che hai proprio ragione? - la assecondo. - Prendo qualcosa da bere anche per te? -

- No, non ti preoccupare. Ti preparo io una specialità del posto. Ti piacerà, ne sono certa. Noi abbiamo gusti simili per molte cose, non è così? - mi rivolge uno sguardo complice prima di scomparire dietro la porta del bar. Mi alzo anch’io e cerco di scoprire dove sia quella maledetta agenda. Me la trovo sempre davanti agli occhi e ora che mi serve non la trovo. Succede sempre così!

- Che cos’è? - le chiedo, quando la vedo tornare con due bicchieri.

- Assaggia e dimmi che ne pensi. La verità. -

- Mmm... Questa spremuta di arance è squisita. Però c’è anche qualcos’altro. Limone? -

- Non proprio. Granita di limone. -

- Ah, ecco cos’era. Non ho mai bevuto niente di così buono. Dico davvero! -

- Senti - dice a un certo punto Marilù, indossando di nuovo un’espressione professionale. - io devo sbrigare delle cose urgenti. Ti dispiace portarmi l’agenda nel mio ufficio? L’ho lasciata sulla scrivania, accanto al telefono. - Mi ringrazia e mi volge le spalle senza attendere la risposta.

- Certo, ci metto un attimo. - Fin troppo facile. Mi sposto alla reception e finalmente afferro questa benedetta agenda, pensando che è l’occasione giusta per dare un’occhiata veloce. Magari scopro che deve dei soldi a qualcuno che la ricatta, ma con grande rammarico mi accorgo che non c’è niente che mi induca a pensare che si sia immischiata in qualche brutto giro. Sono punto e a capo.

Quando torno da lei per consegnarle il diario, la porta è socchiusa e la sento conversare con qualcuno. - Non puoi chiedermi questo. Non erano questi i patti. -

- Me ne infischio dei patti. Ti ho detto di farlo e di farlo SUBITO, o sarai tu la prossima! - sento provenire dal suo ufficio. C’è qualcosa che mi terrorizza in quella voce. È... diabolica. Nonostante la paura mi abbia quasi paralizzata, trovo la forza di irrompere nel suo ufficio.

- Non temere Marilù, ora ci penso io. – irrompo nell’ufficio brandendo una scopa che l’addetto alle pulizie aveva fortunatamente dimenticato di riporre nello sgabuzzino.

- Clarissa! Ma che fai? E metti giù quella scopa. - Marilù è agitata e pallida in viso. Mentre io sono stupita di vedere che in quell’ufficio non c’è nessuno. Non riesco a credere ai miei occhi. Eppure sono certa che stesse parlando con qualcuno.

- Marilù, io... ho sentito che parlavi con un tizio, e poi l’ho sentito intimarti che dovevi fare subito qualcosa, e poi... -

- Grazie per esserti preoccupata - si affretta a rispondere Marilù - ma ti stai sbagliando, e poi come vedi qui non c’è nessuno. Ti ho detto di posare quella scopa. Mi sa che prendi troppo sul serio il tuo lavoro. - Si lascia cadere sulla poltrona e mi fissa di traverso, tamburellando nervosamente le dita sulla scrivania.

- Facciamo così: prenditi il resto della giornata per riposarti. Al tuo lavoro penserò io e vedrai che domani ti sentirai meglio e di questa faccenda non rimarrà che un brutto ricordo, ok? -

- Ma... io sto bene. Davvero! -

- Insisto. - Il suo, più che un invito sembra un ordine.

- D’accordo, come vuoi tu. -

- Brava Clarissa. Così va bene. - Chiude la conversazione troppo in fretta e io me ne vado imbarazzata e perplessa, rimuginando su quello che era accaduto poco prima. Qualcosa non mi convince. Sono certa di quello che ho sentito e poi c’è un’altra cosa che non mi torna, un particolare che proprio non riesco a mettere a fuoco. E poi, perché mi ha fatto uscire così di fretta dal suo ufficio? Mi ha quasi cacciata, come se avesse voluto nascondere qualcosa che non dovevo vedere, oppure...

- Ma certo! - esclamo, alzando gli occhi al cielo - ecco cosa non mi convinceva. L’ufficio era intriso di un forte odore di zolfo, lo stesso che avevo sentito in chiesa la sera prima. Ma che cosa centrava lo zolfo in tutta questa storia? La faccenda si fa ogni giorno più misteriosa. Questo vuol dire che non sto impazzendo e che dentro l’ufficio di Marilù c’era effettivamente qualcuno. Se non ricordo male, ha detto qualcosa come: “Me ne infischio dei patti. Ti ho detto di farlo subito, altrimenti sarai tu la prossima”. Sì, credo che abbia detto proprio così. Ma che cosa significa? Ora sì che comincio a essere davvero preoccupata. Marilù è la mia migliore amica e se è in pericolo, ho il dovere di aiutarla. Devo parlarle al più presto e sarà meglio che si prepari a darmi delle spiegazioni valide, perché non mi farò liquidare facilmente come l’ultima volta.

- Ciao Marilù, ti disturbo? -

- Oh, ciao, nessun disturbo. -

- Potrei passare da te, vorrei parlarti di una cosa, ci vorrà solo un minuto. - le chiedo bussando alla porta del suo ufficio.

- Ma certo, sto lavorando ma ho proprio bisogno di una pausa. - chiudo la telefonata e sento già il cuore pulsare a mille, sono agitata e determinata allo stesso tempo.

- Ciao, Clarissa. Certo, entra pure. Allora, sei riuscita a riposare un po’? -

- Non proprio. -

- E perché? È successo qualcosa? -

- So che riprendere l’argomento ti infastidisce, ma volevo dirti che sono certa che nel tuo ufficio c’era qualcuno ieri. Ho sentito chiaramente che parlavate di patti da rispettare. Ma la cosa che mi preoccupa di più, sono state le sue parole quando ti ha minacciata di essere tu la prossima. -

- Da quando ti metti dietro le porte a origliare? - chiede seccata, ma la conosco bene e posso dire con certezza che è più spaventata che seccata e da qualcosa che non so ancora. Ma giuro che lo scoprirò.

- Scusa, non volevo. Non è mia abitudine ascoltare le conversazioni altrui, ma io ti sono amica. Vuoi deciderti a dirmi una buona volta che cosa sta succedendo? Sei finita in qualche guaio? - Marilù ha un sussulto. Sembra sul punto di perdere il controllo e riversare su di me tutta la sua rabbia, invece l’unica cosa che esce dalla sua bocca è un sospiro.

- Clarissa cara... se sapessi com’è difficile vivere. Non hai idea di che cosa voglia dire portare avanti tutto questo. - dice guardandosi intorno.

- Ma tu sei bravissima! Hai dimostrato che riesci a districarti fra i problemi in modo esemplare. Sei instancabile e non ti lamenti mai. Sei sicura che non c’è altro? - Lei mi guarda, ma resta in silenzio. Capisco che non ha più voglia di parlarne e decido di non forzare la mano. Uscita dal suo ufficio, mi sentivo frastornata e in preda a una serie di timori che non avevo previsto. Il giorno dopo arrivano le prime prenotazioni per i week-end e in poco tempo l’albergo si riempie.

- Marilù è fiera di me e anch’io lo sono, e finalmente riesco a ritrovare un po’ di quella serenità che avevo perduto.

Passa qualche settimana, e qualcosa non mi è chiara. Ho come il sospetto che alcuni dei clienti lascino improvvisamente l’albergo. Giro per tutto il castello, li cerco ovunque, ma è come se non ci fosse più traccia di loro. Chiedo alle cameriere ai piani, alle estetiste, ma non sanno cosa dire e mi liquidano tutte troppo in fretta. Approfittando dell’assenza di Marilù, entro nel suo ufficio e controllo i registri delle prenotazioni. Ma neanche lì è segnata la loro presenza. Ma com’è possibile? Possibile che Marilù non abbia registrato il loro arrivo in albergo. Mi passo le mani fra i capelli e intanto penso alla prossima mossa. Potrei aspettare il suo ritorno e chiederle spiegazioni, ma qualcosa mi dice che anche lei è implicata con queste misteriose sparizioni. Mio Dio! Non posso credere che sia coinvolta in qualcosa di brutto, ma l’avevo sentita io stessa chiedere loro il permesso di ricontattarli per un’eventuale offerta futura. Sento le gambe molli, ho bisogno di qualcosa di forte e sdraiarmi.

Quella notte decido di fare di nuovo la detective e di seguire ogni spostamento di Marilù. Voglio arrivare fino in fondo a questa faccenda. La giornata sembra interminabile! Ho dovuto prendermi una dose massiccia di caffè per non addormentarmi, ma finalmente arriva la mezzanotte e vedo uscire dall’albergo una figura protetta da un mantello. M’infilo un giacchino ed esco di soppiatto. La seguo fino all’entrata della chiesa. Ormai il suo è diventato un appuntamento fisso. Conosco bene il nome della chiesa, ma non mi ero mai accorta della lapide commemorativa dove è inciso il nome Madonna delle Grazie. Ed è allora che capisco.

- Ma certo! - devo trattenermi dall’urlare. - Le Grazie! Mi torna in mente il messaggio scritto nel biglietto custodito all’interno del dolcetto della fortuna del vecchio: “Nelle grazie si compirà il tuo destino”. Sento che è qui la risposta al mistero che circonda Marilù e le strani sparizioni. Il portone della chiesa è aperto. Entro, la chiesa è vuota e di lei nessuna traccia. Mentre mi chiedo dove possa essere finita, ecco che un rumore mi induce a voltarmi di scatto e mi ritrovo Marilù seduta con le mani conserte.

- Ti stavo aspettando. - dice all’improvviso. Come ha fatto a sedersi senza che me ne accorgessi? Un momento fa la chiesa era vuota.

- Cosa…? -

- Credevi forse che non me ne sarei accorta? Ti osservo dalla prima sera che mi hai seguito. -

- Tu... tu lo sapevi!? - balbetto. - E perché non mi hai detto niente? E poi, che cosa ci vieni a fare qui tutte le notti? E che fine hanno fatto... -

- Quante domande! Sei molto curiosa, vedo. Ma ti accontenterò. Sei la mia migliore amica ed è giusto dirti la verità, per quel che serve ormai... -

- Che vuol dire, per quel che serve ormai. -

- Lo scoprirai presto, molto presto. - la sua risata mi procura un brivido che mi percorre tutto il corpo. Si alza.

- Ricordi quando mi dicevi di essere stupita dal fatto che non fossi mai stanca e di come avessi avuto successo nel lavoro in così poco tempo? -

- Sì... certo che mi ricordo. E questo centra qualcosa con le sparizioni dei clienti? - sul viso di Marilù si disegna uno strano sorriso che finisce per prendere le sembianze di un ghigno.

- Non ce l’avrei mai fatta da sola. -

- Mi hai già parlato di Guido e di come ti ha aiutata a realizzare tutto questo. Non è così? -

- Sì... Guido... - ripete con una smorfia.

- Cosa vuoi dire? - Marilù mi guarda in modo che mi fa rabbrividire.

- Non è stato Guido ad aiutarti, vero? -

- No. - risponde freddamente.

- E chi, allora? - a quella domanda il suo volto si illumina.

- Qualcuno dal potere infinito. - dichiara a voce alta con un gesto ampio delle braccia.

 

Fine terza parte

Ultima modifica il Martedì, 27 Aprile 2021 16:30