Venerdì, 01 Agosto 2025 14:16

È morta Adriana Asti, signora del teatro e del cinema italiano

Scritto da Carlo di Stanislao

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«Ci sono persone che, quando se ne vanno, non lasciano un vuoto: lasciano una presenza immensa.»
— Jean Cocteau

A 94 anni si è spenta Adriana Asti, attrice straordinaria, voce potente e anima inquieta del teatro e del cinema italiani. Se ne va una figura rara, coltissima, discreta e al tempo stesso travolgente, capace di attraversare i decenni senza mai perdere il proprio carattere unico, mai omologato. La sua è stata una carriera che non ha mai cercato la luce dei riflettori a ogni costo, ma che ha lasciato una traccia luminosa nella cultura del nostro Paese.

Nata a Milano nel 1931, Adriana Asti si innamorò del teatro giovanissima e vi debuttò a soli 18 anni. La sua formazione fu rigorosa, fondata su studio, dedizione e su un’intelligenza artistica fuori dal comune. Già all’inizio degli anni Cinquanta il suo nome iniziava a circolare tra gli addetti ai lavori come una giovane promessa dalla sensibilità rara.

Il suo passaggio al cinema avvenne con Città di notte di Leopoldo Trieste, ma la consacrazione arrivò pochi anni dopo, nel 1961, con Accattone di Pier Paolo Pasolini, dove interpretava il ruolo della prostituta Maddalena. Il film fu uno shock visivo e culturale per l’Italia di allora, e la Asti, con la sua recitazione asciutta e vibrante, divenne da subito una delle voci femminili più incisive del nuovo cinema italiano.

Fu protagonista anche in Rocco e i suoi fratelli e Ludwig di Luchino Visconti, che la volle per ruoli complessi, carichi di tensione interiore. E poi ancora in Prima della rivoluzione di Bernardo Bertolucci, che fu anche il suo primo marito. Con Bertolucci visse una relazione non solo sentimentale ma anche profondamente artistica, fondata su uno scambio fertile tra pensiero e visione.

Ma se il cinema la consacrò al grande pubblico, fu il teatro il suo regno naturale. Qui Asti ha costruito personaggi indimenticabili, portando in scena Pirandello, Genet, Goldoni, Sartre, Brecht, Beckett — sempre con una grazia inquieta, capace di scavare nel testo con rispetto e audacia, di restituire al pubblico emozioni mai convenzionali. La sua voce profonda, la sua dizione scolpita e la sua presenza scenica ipnotica la rendevano magnetica, una vera “dama dell’inquietudine”.

Negli anni Duemila non si era ritirata dalle scene: anzi, aveva regalato nuove sfumature di sé in film come La meglio gioventù e Quando sei nato non puoi più nasconderti, entrambi diretti da Marco Tullio Giordana. In quei ruoli — spesso marginali solo in apparenza — riusciva a trasmettere una profondità emotiva che travalicava la sceneggiatura, capace di colpire il cuore dello spettatore con un solo sguardo.

Il suo secondo marito, il regista e intellettuale Giorgio Ferrara, con cui aveva condiviso progetti artistici importanti e una profonda intesa umana, è scomparso nel 2023. Con la morte di Adriana Asti si chiude idealmente anche una stagione alta e irripetibile della cultura italiana, quella in cui l’arte non era intrattenimento, ma necessità, ferita, domanda.

Oggi piangiamo una donna che ha fatto della sua vita un’opera, con coerenza e coraggio. Un’artista che non ha mai cercato il consenso facile, ma ha sempre scelto la profondità, la complessità, l’essenza. E in questo, ci ha insegnato che la vera eleganza è restare fedeli a se stessi, anche quando il mondo chiede altro.

Un ricordo personale

La incontrai una sola volta, fugacemente, al termine di una replica di La Voix Humaine in un piccolo teatro romano. Non era affollato, e lei uscì dal camerino con passo lento, avvolta in un cappotto scuro, gli occhi ancora accesi di scena. Le dissi solo grazie. Lei mi guardò con quel suo sorriso appena accennato — che sembrava più una parentesi malinconica che un gesto sociale — e rispose: «È bello quando qualcuno ti ascolta per davvero.»

Aveva ragione. E oggi, nel silenzio che lascia, continuiamo ad ascoltarla.